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LA REVOCA GIUDIZIALE DELL’AM...

LA REVOCA GIUDIZIALE DELL’AMMINISTRATORE CONDOMINIALE

LA REVOCA GIUDIZIALE DELL’AMMINISTRATORE CONDOMINIALE

Nozione in sintesi.

L’istituto in oggetto viene previsto e disciplinato in larga misura dai commi 11 e 12 dell’art.1129 del Codice Civile, collocato nel Libro III – Della proprietà, Titolo VII – Della comunione, del Capo II – Del condominio negli edifici (V. artt. 1117 – 1139 C.C.).

La norma in esame, ora rubricata “Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore” è stata profondamente innovata dalla Legge n. 220 del 09.12.2012, entrata in vigore il successivo 18.06.2013 e apportatrice di una sostanziale riforma normativa in materia di Condominio.

Rispetto alla formulazione previgente, l’art. 1129 C.C., originariamente intitolato “ Nomina e revoca dell’amministratore”, è stato vistosamente ampliato, anche sulla scorta della volontà del Legislatore del 2012 di predisporre un elenco di ipotesi paradigmatiche delle gravi irregolarità gestorie, legittimanti la revoca giudiziale dell’amministratore condominiale.

Tale intervento riformatore ha avuto inevitabilmente una forte ricaduta sulle successive pronunce in materia, rese dai giudici di merito e da quelli di legittimità.

In questa sede si intende, per l’appunto, dare conto di alcune significative decisioni sull’istituto in trattazione, il quale, pur mantenendo tuttora una valenza residuale e sussidiaria rispetto all’ipotesi fisiologica di revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea condominiale, sta trovando sempre più maggiore attenzione e rilevanza in ambito giurisprudenziale e dottrinario.

Aspetti sostanziali.

Nell’ottica dell’individuazione dei presupposti giuridici ai fini dell’accoglimento del ricorso giudiziale per la revoca dell’amministratore condominiale, va senza dubbio richiamato il Decreto di rigetto n. cronol. 1532/2018 – RG 2801/2018, emesso in data 10.05.2018 dal Tribunale di Milano – Sezione Volontaria Giurisdizione, in composizione collegiale (Pres. Relatore, dott.ssa Caterina Spinnler).

I Giudici meneghini con questo provvedimento identificano due imprescindibili aspetti operativi dell’istituto, la sussistenza contestuale dei quali implica un giudizio favorevole alle ragioni del condomino (o dei condomini) ricorrente.

In prima battuta, come previsto nei co. 11 e 12 dell’art. 1129 C.C., l’amministratore revocando non deve aver adempiuto l’obbligo ex art. 1131, co. 3, C.C., a norma del quale quest’ultimo è tenuto ad avvisare l’assemblea condominiale delle iniziative giudiziari esorbitanti le sue competenze o deve non aver dato conto ai condomini della sua gestione o, in ultimo, deve aver compiuto gravi irregolarità.

In riferimento a quest’ultima ipotesi, il Tribunale milanese ha, innanzitutto, chiarito che sia il comma 11, sia il successivo comma 12 contribuiscono a fornire una prima tipizzazione delle fattispecie normativamente rilevanti, sussistendo tra le due disposizioni legislative menzionate una relazione di integrazione reciproca.

Peraltro, lo stesso giudice di merito ha puntualizzato che la configurazione di dette irregolarità deve necessariamente basarsi su elementi concreti e dati oggettivi.

In secondo luogo, nel decreto di cui ci si occupa, viene dato ampio risalto, sulla base di un indirizzo giurisprudenziale già consolidato nel tempo1, alla indefettibile necessità che le gravi irregolarità denunciate producano seri danni effettivi o siano, quantomeno, idonee a produrre verosimilmente danni imminenti ed irreparabili.

Quest’ultima tematica, seppur in un’ottica parzialmente differente, viene ripresa anche nella Sentenza del 23.04-26.04.2019, pronunciata dal Tribunale di Roma, nella persona del Giudice, Dott. D’Avino.

Nel caso sopra menzionato il precedente amministratore condominiale non era stato revocato in corso d’assemblea, né, tantomeno, a seguito di domanda giudiziale, ma si era dimesso volontariamente dall’incarico.

Tuttavia, il condominio interessato, tramite il nuovo amministratore, nel frattempo subentrato, agiva in via ordinaria per il ristoro dei danni subiti per l’effetto degli inadempimenti commessi dall’antecedente gestore dello stabile condominiale.

Il giudice capitolino, dopo aver opportunamente definito l’amministrazione di condominio come un ufficio di diritto privato, assimilabile a un incarico gestorio con rappresentanza su mandato collettivo dei condomini, ha precisato che ai fini risarcitori (ma anche ai fini di revoca, come da argomentazione del Tribunale di Milano di cui sopra, NdR), chi agisce in giudizio non può limitarsi a censurare le gravi irregolarità commesse da controparte, ma è onerato, altresì, di fornire “ l’offerta di un’apprezzabile dimostrazione di altri danni patrimoniali veri e propri” (V. Pag. 3 della sentenza in esame).

Sempre in ambito sostanziale, si rinvengono interessanti spunti anche a livello di giurisprudenza di legittimità.

Sul punto, merita una particolare menzione l’Ordinanza n. 6760 del 2019, emessa dalla Sez. VI Civile della Corte di Cassazione e depositata il giorno 08 marzo 2019.

Trattasi di un pronunciamento, sulla base del quale la Suprema Corte delinea i contorni dell’obbligo giuridico sancito dal comma 8 dell’art. 1129 C.C.

Tale previsione normativa onera l’amministratore revocato e, comunque, definitivamente cessato dalle sue funzioni, di provvedere in tempi rapidi “alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini …”.

Gli ermellini, con tale decisione , stabiliscono che la mera messa a disposizione dei documenti inerenti alla gestione dell’immobile e dei suoi condomini è potenzialmente idonea a soddisfare l’obbligazione di rendiconto condominiale ex art. 1130 bis C.C., ma non può certo rappresentare un esatto ed effettivo adempimento dell’attività, richiesta dall’art. 1129, co. 8, C.C., di materiale consegna della documentazione posseduta in ragione dell’incarico a suo tempo rivestito.

Aspetti processuali.

Il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore condominiale trova una specifica regolamentazione in punto di rito nell’art. 64 delle Disposizioni d’Attuazione al Codice Civile.

Al primo comma viene stabilito che il tribunale provvede, sulla relativa domanda, in camera di consiglio, con decreto motivato, previo informale contraddittorio tra il ricorrente e l’amministratore convenuto.

Mentre, nel secondo ed ultimo comma, è contemplata la possibilità di impugnare la decisione di primo grado, tramite la presentazione di un reclamo alla corte d’appello, entro dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione dell’esito del primo giudizio.

A più riprese, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sull’eventuale ammissibilità di ricorrere innanzi ad essa, avverso il decreto che il giudice di secondo grado emette, a seguito di reclamo, in tema di revoca giudiziale dell’amministratore.

Da ultimo, con l’Ordinanza n. 7623 del 2019, pronunciata sempre dalla Sez. VI civile e depositata in cancelleria il 18 marzo 2019, i giudici di legittimità hanno ribadito il consolidato e uniforme orientamento della Corte2, sulla base del quale il decreto delle Corti territoriali non è ricorribile in cassazione ai sensi dell’art.111 Cost.

Ciò in quanto il provvedimento in questione definisce un procedimento camerale di volontaria giurisdizione, seppur avente connotazione plurilaterale tipica con un certo grado di contenziosità tra gli intervenienti.

In ragione di ciò, sia il decreto del tribunale, sia quello successivo della corte d’appello, sono provvedimenti privi di efficaci decisoria, poiché non incidenti su statuizioni sostanziali di diritti e, perciò stesso, non aventi carattere definitivo, tanto è vero che anche la pronuncia del secondo giudice di merito può essere modificata o revocata per un vizio di legittimità preesistente dalla medesima Corte distrettuale.

Unica eccezione ammessa a questa regola generale consiste, secondo l’indirizzo degli ermellini, nella parte del decreto in cui il giudicante dispone in merito alle spese processuali, sulla base del principio di soccombenza, di cui all’art. 91 del codice civile di rito.

Solamente in quest’ultima ipotesi residuale si potrà, infatti, invocare la valutazione di legittimità da parte del giudice di ultima istanza.

Allo stesso modo, anche la giurisprudenza di merito si è occupata in diverse occasioni dell’aspetto procedurale dell’istituto in commento.

Paradigmatica di tale tendenza è certamente la decisione resa con Decreto del 10.01.2018 dal Tribunale di Macerata, in composizione collegiale, nell’ambito del procedimento di volontaria giurisdizione n. R.G. 5161/2017 (Relatore, dott. Corrado Ascoli).

Nel caso de quo viene affrontata e risolta la delicata questione della compatibilità strutturale tra il procedimento di revoca giudiziale ex art. 64 Disp. Att. al C.C. ed il tentativo obbligatorio di mediazione introdotto dall’art. 5, co. 1 bis, del D. Lgs. 28/2010.

Il collegio maceratese illustra, preliminarmente, gli elementi a favore dell’una e dell’altra soluzione giuridica.

Da una parte, si rileva, come già noto, che la procedura di revoca dell’amministratore del condominio si svolge con il rito camerale di cui agli artt. 737 ss. c.p.c., il qual rito è escluso dall’obbligo del previo esperimento della mediazione civile, come espressamente previsto nell’art. 5, co. 4. lett. f), D. Lgs. n. 28 del 2010.

Dall’altra, invece, viene in rilievo l’art. 71 quater Disp. Att. C.C., inserito nel codice con la Legge di riforma n. 220 del 2012, a mente del quale la revoca giudiziale ex art. 64 rientra a pieno titolo nelle controversie in materia di condominio per le quali è obbligatorio il ricorso alla mediazione civile ex D. Lgs. n. 28 del 2010.

A fronte di questa apparente aporia normativa, i giudici di merito hanno affermato che gli artt. 71 quater e 64 Disp. Att. C.C. fungono da norma speciale in ambito condominiale e, per tale ragione, sono destinati a prevalere come applicazione specifica rispetto al generale divieto di ricorso alla mediazione nei procedimenti in camera di consiglio.

Avv. Federico Colangeli

Specializzato in: Immigrazione, Penale, Recupero crediti, Locazioni, Condominio, Infortunistica stradale e Tutela dei consumatori.

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L’Avv. Colangeli si occupa prevalentemente di diritto dellimmigrazione, materia nella quale vanta unesperienza professionale pluriennale. Nel 2009 ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso lUniversità degli studi di Genova e lanno successivo il diploma di Master universitario per Giurista dImpresa nel medesimo Ateneo. Eiscritto allalbo degli Avvocati di Imperia dal 14 febbraio 2014. Dal 2019 è iscritto nellElenco nazionale dei difensori dufficio. Inoltre l’Avv. Colangeli fornisce consulenze stragiudiziali ed assistenza giudiziale nelle seguenti materie: immigrazione, penale, locazioni, recupero crediti, diritti reali, contratti, diritto di famiglia, responsabilità civile, condominio ed infortunistica stradale.

1 V. Trib. Napoli, 24 novembre 1994, confermata da Trib. Milano, 20 giugno 2018.

2 Cfr. Cass. Sez. I, 01/03/1983, n. 1540, confermata da Cass. Sez. I, 06/11/2006, n. 23673.

 

 

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