Cass., Sez. I, ord. 27.05.2021 n. 14844: concessa la protezione umanitaria alla richiedente che si trova in stato di gravidanza
- 25 Agosto 2021
- Avv. Francesco Meiffret
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Cass., Sez. I, ord. 27.05.2021 n. 14844: concessa la protezione umanitaria alla richiedente che si trova in stato di gravidanza
Cass civ. Sez. I, Ord. 14844 del 27 maggio 2021
MASSIMA
La condizione di donna in gravidanza e quindi di madre non può che riflettersi sulla valutazione individuale della situazione di vulnerabilità della richiedente la protezione umanitaria, in misura tale da giustificare l’accoglimento della relativa domanda.
Il CASO
Una cittadina nigeriana, giunta in Italia, chiedeva alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, nelle tre forme graduate ed alternative tra loro dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della tutela per motivi umanitari.
A seguito di audizione personale, la C.T. procedente decideva di non riconoscere la protezione internazionale. Nei confronti di questa decisione veniva proposto ricorso innanzi al Tribunale civile di Roma. All’esito del procedimento sommario di cognizione, il giudice di primo grado decideva per il rigetto integrale della domanda.
Successivamente, tale ordinanza del 29 dicembre 2015 veniva impugnata di fronte alla Corte d’Appello di Roma, la quale respingeva l’appello richiamandosi a quanto già stabilito con propria sentenza datata 03 aprile 2018.
Nel confermare le statuizioni assunte nel precedente grado processuale, la Corte territoriale evidenziava che l’appellante non aveva conseguito una “rilevante forma di integrazione in Italia” e che “il quadro patologico esitato al sinistro stradale in cui è rimasta coinvolta quale trasportata non configura ipotesi di rilievo”, poiché il diritto alla protezione umanitaria non può essere riconosciuto “per il semplice fatto di versare in non buone condizioni di salute, occorrendo invece che tale condizione sia l’effetto della grave violazione dei diritti umani dell’interessato nel paese di provenienza, ipotesi non ricorrente”.
La difesa della cittadina straniera formulava ricorso in cassazione, censurando, con un primo motivo di diritto, la violazione ovvero la mancata applicazione degli artt. 5, c. 6 e 19, c. 2 del T.U. Immigrazione (D. Lgs. n. 286 del 25.07.1998) per la mancata considerazione, da parte della Corte d’Appello di Roma, del sopravvenuto e documentato stato di gravidanza in capo alla ricorrente, in sede di domanda di riconoscimento della protezione umanitaria.
Nel secondo motivo di ricorso si deduceva, invece, la violazione o la falsa applicazione del principio dispositivo ex art. 112 c.p.c., atteso che la sentenza gravata aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta di protezione umanitaria fondata sul documentato stato di gravidanza, di cui all’antecedente motivo.
LA SOLUZIONE PROPOSTA DALLA SUPREMA CORTE
La Corte di Cassazione, dopo aver preliminarmente proceduto alla trattazione congiunta dei due motivi, data la loro stretta connessione, li ritiene entrambi meritevoli di accoglimento per le ragioni che seguono.
Nel corso del procedimento di secondo grado, innanzi alla Corte d’appello romana, il difensore della richiedente protezione internazionale depositava documentazione medica certificante lo stato di gravidanza di quest’ultima e richiedeva contestualmente di valutare la predetta nuova circostanza, con specifico riferimento al riconoscimento della protezione umanitaria, già demandata in prima istanza.
I giudici di secondo grado omettevano completamente di esaminare tale fatto sopravvenuto, nonostante la manifesta rilevanza dello stesso ai fini della decisione di conferma o di revisione del precedente rigetto della protezione umanitaria.
Su questo peculiare profilo, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente puntualizzato che: “… la protezione umanitaria rappresenta una categoria aperta volta al riconoscimento caso per caso del diritto a permanere sul territorio italiano alla luce della condizione personale di vulnerabilità del richiedente tale forma di protezione individualizzata sulla base di un’analisi comparata tra la vita privata condotta in Italia e quella alla quale la stessa sarebbe esposta in caso di rimpatrio (Cfr., ex pluribus, Cass., Sez. III, ord. n. 8571 del 28.02 – 06.05.2020).
In virtù di quanto sopra, la S.C. osserva, nella fattispecie in esame, che la condizione di donna in gravidanza e di futura madre rileva in misura favorevole all’odierna ricorrente, nella valutazione individuale della situazione di vulnerabilità di quest’ultima, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.
Tale principio trova, altresì, riscontro nel diritto positivo, attualmente vigente nel nostro Paese.
In prima battuta, le donne in stato di gravidanza e i genitori single con figli minori rientrano nell’elenco legislativo delle persone vulnerabili, stilato dall’art. 2, c. 1, lett. h – bis del D. Lgs. n. 25 del 28.01.2008.
In seconda battuta, l’art. 19, cc. 2, lett. d) e 2 – bis del T.U. Immigrazione pone a carico dello Stato italiano un divieto assoluto di respingimento dal territorio nazionale nei confronti delle donne incinte, di quelle partorienti fino a sei mesi dopo la nascita dei figli e delle famiglie monoparentali con figli minori.
Dunque, gli ermellini cassano la sentenza resa dalla Corte territoriale della capitale, la quale tralasciava di prendere in esame una nuova allegazione decisiva di parte ricorrente, in grado di ribaltare il giudizio del Tribunale romano, quanto meno, limitatamente al riconoscimento giuridico della forma alternativa e graduata al minimo della protezione umanitaria nel nostro ordinamento giuridico.
Avv. Federico Colangeli
Cass civ. Sez. I, Ord. 14844 del 27 maggio 2021
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