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CASS CIV SEZ. LAV SENT. 26.07.2023 N. 22654: SENZA IL CONSENSO DELLA MADRE LAVORATRICE IL LAVORO NOTTURNO E LE TRASFERTE LAVORATIVE SONO SEMPRE VIETATE

CASS CIV SEZ. LAV SENT. 26.07.2023 N. 22654: SENZA IL CONSENSO DELLA MADRE LAVORATRICE IL LAVORO NOTTURNO E LE TRASFERTE LAVORATIVE SONO SEMPRE VIETATE

Cassazione civile sez. lav. sent. 26 luglio 2023, n. 22564

Nell’affermare la legittimità del rifiuto di svolgere lavoro notturno della madre che svolge la mansione di assistente di volo, nonostante una disciplina dell’orario di lavoro specifica di tale comparto, il Dlgs 185/2005, che omette di riportare detta prerogativa, presente, invece, nella normativa generale dell’orario di lavoro, il D.Lgs. n. 66 del 2003, la Cassazione descrive le caratteristiche del diritto ad astenersi all’attività lavorativa stabilito dall’art. 53 comma 2 del Dlgs 151/2001.

Esso è un diritto assoluto, non sottoposto alla condizione del fatto che anche il coniuge sia adibito a svolgere lavoro notturno ed include il rifiuto di dover effettuare trasferte che comportino il pernottamento fuori casa.

Inoltre, come ogni altro diritto presente nel Testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, esso è inderogabile in peius da qualsiasi fonte in quanto garanzia minima del diritto costituzionale alla tutela della maternità e paternità.

MASSIMA

L’inapplicabilità al personale di volo dell’aviazione civile delle disposizioni sull’orario di lavoro che disciplinano il lavoro notturno (D.Lgs. n. 66 del 2003, artt. 11 – 15) non esclude che a tale personale debba applicarsi la speciale disciplina dettata dal D.Lgs. n. 151 del 2001 a tutela e sostegno della maternità e paternità. Con tale disposizione, come si è visto, il legislatore ha inteso offrire alla lavoratrice – madre/lavoratore padre un particolare livello di protezione in ragione dell’intenso rapporto che lega il genitore al minore in tenera età consentendogli di sottrarsi al lavoro notturno nei primi tre anni di vita dei figli ed apprestando, con il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2, una tutela che si esplica non solo assicurando sostegno economico ma anche favorendo la presenza del genitore nel periodo della prima crescita del minore. Si tratta, in definitiva, di un nucleo minimo di tutela che può essere derogato in melius “da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione” e che tuttavia assicura indistintamente la facoltà di sottrarsi al lavoro notturno che (vietato fino al compimento del primo anno di età del minore) non può essere imposto per tutto il tempo in cui il figlio, sia esso naturale o adottivo, non abbia ancora compiuto il terzo anno di età.

BREVE ANALISI DEL CASO

La sentenza qui brevemente annotata afferma il principio in base al quale il divieto di adibire la madre lavoratrice al lavoro notturno, stabilito dall’art. 53 del Dlgs 151/2001, deve essere applicato indistintamente a qualsiasi rapporto di lavoro poiché costituisce un nucleo minimo di tutela, motivo per cui può essere derogato solo in melius da leggi, contratti collettivi e regolamenti.

La pronuncia della Suprema Corte in commento modifica il proprio precedente orientamento affermato nella sentenza del 25 luglio 2017, n. 18285 nella quale era stato affermato che tale esenzione dal lavoro notturno non si applicasse al personale dell’aviazione civile. Nel 2017 gli Ermellini avevano stabilito che l’art. 53 del Dlgs 151/2001 fosse inapplicabile al personale di volo in quanto l’orario di lavoro di tale comparto era stato regolato dal successivo D.Lgs. n. 185 del 2005, applicazione della direttiva 2000/79/CE (Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile). L’art. 7 del Dlgs 185/2005, infatti, non prevedeva il diritto all’astensione dal lavoro notturno nel caso di genitorialità, ma solamente per motivi di salute.

Nella pronuncia del 2017 la Cassazione aveva, quindi, sostenuto che questa forma di tutela per le lavoratrici madri fosse stata abrogata nel comparto aereo.

Venendo, invece, alla sentenza in commento, la Cassazione, invertendo quindi il proprio precedente orientamento, ha confermato la sentenza della Corte D’appello di Milano che a sua volta aveva sancito la correttezza di quella pronunciata dal Tribunale di Busto Arsizio.

La Corte d’appello di Milano aveva ribadito il principio di diritto esposto nella sentenza di I grado: come qualsiasi altra lavoratrice madre anche l’assistente di volo, sino a quando la prole non ha raggiunto tre anni di età, può rifiutarsi di svolgere lavoro notturno (dalle 24 alle 6) e di effettuare trasferte che comporti il pernottamento fuori casa.

La tesi della compagnia area datrice di lavoro secondo la quale il Dlgs 151/2001 non è applicabile ai personale del servizio aereo in quanto abrogato non è meritevole di accoglimento poiché, secondo la Corte d’appello di MIalno, la normativa sull’orario di lavoro e quella sulla tutela della maternità costituiscono materie non completamente sovrapponibili e quindi la prima, seppur successiva dal punto di vista temporale, non può derogare o abrogare la seconda.

Nel confermare la pronuncia d’appello, la Corte di Cassazione rammenta come le tutele previste dal Testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (Dlgs 151/2001), tra le quali l’art. 53 in questione che dispone il divieto del lavoro notturno sino al compimento di un anno di età del bambino e la necessità del consenso sino al compimento del terzo anno di età (o dodici anni se la madre è unica affidataria), si muovono nel contesto valoriale stabilito dall’art. 37 comma 1 Cost., in base al quale deve essere assicurata “alla madre e al bambino una specifica ed adeguata protezione”. Tale protezione non deve limitarsi alle esigenze fisiologiche del bambino, ma è diretta ad appagare i suoi bisogni affettivi e relazionali per realizzare il pieno sviluppo della sua personalità.

Proprio perché la disposizione in questione mira a fornire effettiva tutela ad un diritto garantito dalla Costituzione non può sostenersi che sia stata abrogata dall’art. 7 del Dlgs 185/2005. Detta norma, prosegue la Suprema Corte, invero, non fa altro che prevedere un’ulteriore ipotesi di esenzione dal lavoro notturno qualora risulti accertato che il personale di volo si trovi in condizioni psicofisiche incompatibili con lo svolgimento del lavoro in tale determinata fascia oraria. Secondo la Suprema Corte, il Legislatore nel prevedere tale ulteriore ipotesi di esenzione, non aveva alcun intento di abrogare la disciplina a tutela della maternità posto che, come già, evidenziato la tutela prevista dal testo unico costituisce un nucleo minimo di tutele inderogabili per la maternità.

La sentenza in commento conferma, inoltre, come l’esercizio del diritto invocato non sia sottoposto alla condizione che anche l’altro genitore debba svolgere lavoro notturno come, invece, sostenuto dalla compagnia di volo posto che il tenore letterale dell’art. 53 non lascia intendere che tale diritto sia sottoposto alla suddetta condizione.

In ultimo i giudici di legittimità evidenziano come sia esente da censure anche il capo della sentenza della Corte d’appello di Milano che aveva confermato che l’art 53 deve essere interpretato nel senso di vietare trasferte alla madre lavoratrice che impongano il pernottamento fuori sede. Diversamente opinando verrebbe meno una delle finalità del divieto in questione ovvero appagare i bisogni affettivi e relazionale del bambino per realizzare il pieno sviluppo della sua personalità.

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Per ulteriori informazioni sul tema rivolgersi all’Avv. Francesco Meiffret (info@studiolegalemeiffret.it, studiolegalemeiffret@gmail.com, cell 3398177244, tel 0184532708) 

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