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La determinazione e la durata dell’assegno di mantenimento per i figli nei procedimenti di separazione e divorzio

La determinazione e la durata dell’assegno di mantenimento per i figli nei procedimenti di separazione e divorzio

Articolo redatto da Avv. Giuliana Martelli (per contatti vedi http://studiolegalemeiffret.it/resume/giuliana-martelli/) in collaborazione con Avv. Francesco Meiffret http://studiolegalemeiffret.it/resume/francesco-meiffret/)

1) NOZIONE

Nel procedimento di separazione e divorzio, il genitore ha il diritto di mantenere una stabile relazione con i propri figli, anche se non vive con loro, ed ha il dovere di provvedere ai loro fabbisogni. Sulla base di questi presupposti la legge impone all’ex coniuge non affidatario o collocatario dei figli di partecipare al mantenimento di quest’ultimi secondo le modalità che si analizzeranno di seguito.
Tale obbligo, in base agli art. 30 Cost. e agi artt. 147 e 148 c.c., incombe sull’altro genitore non affidatario anche se la coppia era unita civilmente oppure era una coppia di fatto. L’obbligo di mantenimento a carico del genitore non affidatario o collocatario insorge dal momento in cui viene meno la coabitazione dei genitori (Cass. Civ. Sent. 08 febbraio 2017, n. 3302).
Il mantenimento dei figli è dovuto sia se questi siano minorenni che maggiorenni fino a quando quest’ultimi non abbiano raggiunto l’autosufficienza economica (vd infra).
Oltre agli articoli 30 Cost., 147 e 148 c.c., le norme che disciplinano il mantenimento dei figli sono l’art. 337 ter comma 4 c.c. da leggere in maniera sinottica con l’art. 315 bis c.c e, infine, l’art 337 septies c.c.

2) I CRITERI DI QUANTIFICAZIONE DEL MANTENIMENTO E MODALITA’ DI VERSAMENTO

L’art 337 ter comma 4 c.c. stabilisce che ciascun genitore deve provvedere al mantenimento dei figli sia in riferimento alle spese ordinarie che straordinarie in proporzione al proprio reddito tenendo conto di alcuni aspetti come le esigenze del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio quando viveva insieme ad entrambi i genitori, i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore e le risorse economiche di entrambi i genitori.
Vi sono due modalità per l’erogazione del mantenimento:
1) in via diretta: è una forma di assistenza economica per cui il genitore separato o divorziato provvede direttamente a soddisfare le esigenze del figlio acquistando quanto necessario per quest’ultimo quando soggiorna presso di lui o anche a prescindere dalla permanenza.
Questa formula viene generalmente utilizzata quando i figli soggiornano presso ciascun genitore in maniera pressoché paritaria.
2) l’assegno periodico: è un contributo che il genitore al quale non è affidato il figlio eroga a seguito della separazione o del divorzio.
Sempre l’art .337 ter 4 comma c.c. delinea che il dovere di ogni genitore a mantenere il figlio è proporzionale al proprio reddito salvo diversi accordi presi dalle parti.
La Suprema Corte, con varie pronunce, ha stabilito che ai fini della determinazione dell’assegno periodico occorre prendere in considerazione non solo il reddito di entrambi i genitori, ma l’intero patrimonio di ciascuno di essi (si veda Cass. Civile sent. 1 marzo 2018 n.4811), quindi ogni altra forma di reddito o utilità, ad esempio il valore di beni mobili o immobili posseduti.
Oltre alla proporzionalità dell’assegno rispetto alle capacità economiche di ciascun coniuge, l’entità dell’assegno deve essere parametrata alle esigenze del figlio, al tenore di vita goduto durante la convivenza dei genitori, ai tempi di permanenza presso ciascun genitore e alla valutazione dal punto di vista economico delle attività domestiche e di cura svolte da ciascun genitore.

3) IMPOSSIBILITA’ DI SOSPENSIONE O RIDUZIONE ARBITRARIA DEL MANTENIMENTO

Occorre partire dal presupposto che il genitore che ha l’obbligo del mantenimento deve sempre adempiervi secondo le modalità stabilite dal Giudice, salvo modifica o revoca da parte di quest’ultimo.
L’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento permane anche nel caso di sospensione o perdita dell’attività lavorativa. In tali ipotesi il coniuge non è esonerato dall’obbligo famigliare di mantenimento e neppure è legittimato in via automatica alla riduzione dell’assegno, in modo particolare se è provato il possesso di accantonamenti patrimoniali (Corte D’Appello di Brescia del 16 giugno 2006).
Diverso è il discorso nel caso in cui sia stato presentata domanda di modifica delle condizioni di divorzio o di separazione al Giudice e questi, nel proprio provvedimento, abbia stabilito, a causa delle condizioni economiche depauperate del genitore obbligato a corrispondere l’assegno, di modificare l’entità dell’apporto economico.
La revisione del mantenimento è sempre richiedibile sia in corso di causa, sia dopo che è stata pronunciata la sentenza. E’ possibile, infatti, presentare nella fase di separazione ricorso ex art. 710 cpc per modificare i provvedimenti relativi alla prole o sempre per lo stesso fine, nella fase di divorzio, attuare il procedimento stabilito dall’art. 9 della l. 898/1970.

4) ETA’ DEI FIGLI E NUOVE NASCITE DEL GENITORE OBBLIGATO AL MANTENIMENTO: EFFETTI SULLA QUANTIFICAZIONE DELL’ASSEGNO

La giurisprudenza maggioritaria si attesta nel ritenere che il genitore che goda di un elevato reddito non possa diminuire l’assegno alla luce dell’età del figlio sulla base del presupposto che le esigenze della prole in tenera età possano considerasi di entità minore rispetto ad un figlio di età maggiore (Cassazione Civile 21 giugno 2011 ° 13630). L’interesse della prole, non può essere individuato sulla base di un dato come l’età, isolato dalle aspirazioni, dalle capacità del minore e dal contesto socio economico della famiglia. Le capacità reddituali ed il patrimonio dell’obbligato hanno rilievo non soltanto nel rapporto proporzionale col contributo dovuto dall’altro genitore, ma anche in funzione diretta di un più ampio soddisfacimento delle esigenze del figlio, posto che i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazioni di questo, e in genere le sue prospettive di vita, non potranno non risentire del livello economico – sociale in cui si colloca la figura del genitore (Cass., 13 luglio 1995, n. 7644; Cass. 2 maggio 2006, n. 10119; Cass. 24 aprile 2007, n. 9915).
Un’ulteriore problematica che è stata affrontata in numerose pronunce riguarda la quantificazione dell’assegno qualora il genitore abbia avuto ulteriori figli derivanti da una nuova convivenza o da un nuovo matrimonio.
In merito gli Ermellini (cfr. ex plurimis Cass. Civ. sent. 24 gennaio 2008 n°1595) hanno stabilito che i sopravvenuti oneri famigliari dell’obbligato derivanti dalla nascita di nuovi figli comportano una rinnovata valutazione della situazione patrimoniale delle parti. Quindi la nascita di nuovi figli può assumere rilievo nella rideterminazione dell’assegno, ma non comporta un allentamento degli altri obblighi derivanti dalla responsabilità genitoriale (cfr. Cass., Sez. I, sent. 23 agosto 2006, n. 18367; Cass. Sez. I, sent. 19 gennaio 1991, n. 512).

6) LIMITE AL MANTENIMENTO DEI FIGI MAGGIORENNI

Un problema che la Suprema Corte si è trovata spesso ad affrontare riguarda il mantenimento dei figli maggiorenni. Molti genitori che hanno l’obbligo del mantenimento si pongono la domanda se devono continuare a mantenere i loro figli sino alla loro maggiore età o fino a quando non hanno raggiunto l’indipendenza economica.
La risposta a tale domanda è la seconda opzione: il genitore è tenuto a contribuire al mantenimento del figlio anche durante la maggiore età e sino al raggiungimento dell’indipendenza economica. L’art. 337 septies C.C. stabilisce che il giudice può disporre in favore dei figli maggiorenni l’assegno di mantenimento salvo che questi non siano indipendenti economicamente.
In altri termini il genitore deve sostenere le attitudini dei figli anche maggiorenni, ma ciò non comporta che il figlio possa richiedere il mantenimento senza alcun limite. Il termine ultimo per il mantenimento del figlio oltre la maggiore età è un diritto con durata non prestabilita e da determinarsi caso per caso.
La giurisprudenza si è divisa su come qualificare l’indipendenza economica del figlio maggiorenne.
In alcune pronunce la Suprema Corte ha stabilito che qualsiasi impiego o reddito possa fare venire meno l’obbligo di mantenimento da parte del genitore (Cass. Civ. sez. I, sent. 03 gennaio 2011, n.18; Cass. civ. sez. I, sent. 06 dicembre 2013, n. 27377).
L’orientamento prevalente stabilisce che il figlio può definirsi economicamente indipendente quando raggiunge una capacità reddituale adeguata rispetto alla professione praticata e un’appropriata collocazione nel contesto economico sociale di riferimento (Cass. Civ. 4765/2002 n°21773/2008 e Cass. Civ.. n°1773/2011).
Sempre per quanto riguarda al limite al mantenimento dei figli maggiorenni, gli Ermellini in una pronuncia del 2014 hanno stabilito che è configurabile l’esonero del genitore dall’obbligo di mantenimento quando il figlio maggiorenne abbia rifiutato un’opportunità di lavoro offerta o abbia dimostrato colpevole inerzia prorogando il percorso di studi senza rendimento (Cass. Civile n°1585/2014). Inoltre tale obbligo viene meno anche quando il figlio maggiorenne si rifiuta di lavorare presso l’impresa del padre.
Dal punto di vista processuale l’onere della prova volto a far accertare che il figlio maggiorenne non ha più diritto al mantenimento in quanto divenuto economicamente autosufficiente o perché lo stato di dipendenza economica è a lui imputabile (si penso ad es al rifiuto di svolgere un lavoro economicamente e professionalmente gratificante oppure una totale inerzia nel proseguire gli studi universitari) è a carico del genitore che chiede di essere esonerato da tale obbligo (cfr. ex plurimis Cass. Civ. sez. I sent. 21 maggio 2009 n. 11828)

7) RIPETIZIONE DI QUANTO INDEBITAMENTE VERSATO A SEGUITO DELLA MODIFICA O DELLA REVOCA DEL MANTENIMENTO

Occorre analizzare se la modifica o la revoca del mantenimento possa dare diritto al genitore di ripetere quanto egli ha dovuto versare all’altro coniuge.
In diverse pronunce (cfr ex plurimis Corte di Cassazione, sez. VI civile, ord. 16 settembre 2019, n. 23024) la suprema Corte ha stabilito che anche in caso di modifica o revoca del mantenimento, le somme già versate non possono essere ripetute. La giustificazione che nega la restituzione al genitore di quanto versato per i figli in base ad un provvedimento poi modificato o revocato è da rinvenirsi nel fatto che si presume che tali somme siano state utilizzate per fronte alle esigenze del figlio.
La giurisprudenza è unanime nell’applicare questo principio di irripetibilità delle somme versate nel caso in cui i figli siano minorenni. Il discorso è diverso per quanto riguarda i figli maggiorenni.
In tal caso si sta sviluppando e accrescendo un orientamento in base al quale le somme versate per figli maggiorenni siano ripetibili qualora si dimostri la loro autosufficienza dal punto di vista economico. In questo caso le somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge non hanno svolto una funzione alimentare volta a soddisfare i bisogni dei figli che risultano economicamente autosufficienti (Cass. Civ., sez. I sent 23 maggio 2014, Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2020, n. 3659)

8) RIMEDI GIUDIZIALI NEL CASO IN CUI IL GENITORE NON VERSI IL MANTENIMENTO

In questo ultimo paragrafo, infine, verranno brevemente descritti i possibili rimedi civilistici nel caso in cui l’ex coniuge non versi il mantenimento stabilito.
1) In base all’art. 156 c.c. il coniuge beneficiario del mantenimento può chiedere al giudice di sequestrare parte dei beni dell’ex coniuge. Può inoltre, sempre in base all’art. 156 c.c., chiedere al Giudice di ordinare a soggetti terzi debitori del genitore obbligato al mantenimento di versare direttamente agli aventi diritto parte delle somme dovute all’obbligato.
2) In base all’art 709 ter cpc il Giudice può condannare il genitore inadempiente ad una delle seguenti sanzioni che possono essere comminate anche congiuntamente:
a) ammonire il genitore inadempiente;
b) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
c) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
d) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Si precisa, in ultimo, che la condotta del coniuge che non versa il mantenimento può essere, se ne sussistono i presupposti, perseguita penalmente in base all’art. 570 cp (Violazione degli obblighi di assistenza familiare) ed in base all’art. 388 II comma cp (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice)

Articolo redatto dall’Avv. Giuliana Martelli http://studiolegalemeiffret.it/resume/giuliana-martelli/  e dall’Avv. Francesco Meiffret  http://studiolegalemeiffret.it/resume/francesco-meiffret/

 

 

 

 

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