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SENTENZA FOODORA

SENTENZA FOODORA

Lo strano caso della sentenza sulla qualificazione del rapporto di lavoro dei fattorini di Foodora: alla ricerca di un’autonomia che non c’è

In queste ultime settimane è salita alla ribalta della cronaca il caso della sentenza dei fattorini di Foodora. Il Tribunale di Torino (Tribunale Sez. lav., sent. 7 maggio 2018 n.778) ha accolto la tesi difensiva della società datrice di lavoro riconoscendo l’effettiva natura autonoma del rapporto di lavoro. Ciò ha comportato che ai cd i riders non sono state riconosciute tutte quelle tutele tipiche del lavoro subordinato quali TFR, tredicesima, ferie e malattia pagate ecc. La questione non si è affatto sopita con la – per lo scrivente – discutibile sentenza del Tribunale di Torino, dal momento che la tutela dei lavoratori al servizio delle piattaforme digitali sembra essere uno dei primi argomenti sull’agenda politica del neonato governo “giallo-verde”.

Il presente contributo mira a riassumere il caso affrontato dal Tribunale di Torino ponendo spunti di riflessioni volti a dimostrare come, contrariamente a quanto deciso, il rapporto tra i fattorini e Foodora sia di natura subordinata.

RIASSUNTO DEL CASO

Alcuni riders (fattorini) hanno presentato ricorso per far accertare la natura subordinata del contratto di collaborazione con la società Foodora che, com’è noto, gestisce una piattaforma digitale che permette ai consumatori di ordinare cibo on-line da vari ristoranti iscritti all’applicazione e di farselo recapitare a casa tramite fattorini. Deducevano, infatti, di aver svolto, tramite contratti di collaborazione coordinata e continuativa, prorogati più volte, l’attività lavorativa di fattorini a favore di detta società. A seguito di alcune rimostranze riferivano che i loro contratti non erano stati più rinnovati.

A sostegno delle loro richieste evidenziavano che la società dirigeva in maniera capillare il loro operato, esercitando di fatto un potere direttivo come se si trattasse di un rapporto di lavoro subordinato. In particolar modo, tramite un’applicazione che doveva essere obbligatoriamente installata sul loro smartphone, la società controllava a distanza il loro operato, tracciando la loro posizione ed ordinando, inoltre, quale percorso effettuare per effettuare le consegne.

Ad ulteriore dimostrazione del potere disciplinare ed organizzativo sostenevano di essere stati esclusi dalla chat aziendale a seguito di alcune rimostranze in merito alle condizioni di lavoro.

La società convenuta resisteva in giudizio evidenziando come il contratto sottoscritto dai ricorrenti esplicitamente non prevedesse alcun vincolo di subordinazione e potere disciplinare. Proseguiva sottolineando che nel contratto non era stabilito alcun vincolo di presenza o di orario e che l’assegnazione dei “turni” era volontaria.

Negava qualsiasi sanzione disciplinare a carico dei ricorrenti sostenendo che la chat aziendale era stata sostituita da un’applicazione per le comunicazioni.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI TORINO

Il Giudice accoglie la tesi difensiva di Foodora negando la natura subordinata del rapporto e, di conseguenza, respingendo anche la domanda per il riconoscimento delle differenze retributive. L’elemento di fatto sul quale la sentenza basa questa conclusione è che il rapporto di lavoro tra Fooora ed i ricorrenti era di natura volontaria. Secondo il giudicante, in contrapposizione a quanto sostenuto dai ricorrenti, i riders potevano accettare o meno di effettuare le consegne avendo altresì la facoltà di rinunciare all’effettuazione della consegna, una volta preso l’incarico. La volontarietà della prestazione escluderebbe, quindi, la natura subordinata del rapporto. A sostegno di tale assunto il Giudice si richiama ad un caso precedente con evidenti analogie con quello in oggi affrontato, ovvero quello avente oggetto la natura del rapporto di lavoro dei pony express a cavallo degli anni 80-90 (Cass. Civ., Sez. lav., sent. 10 luglio 1991, n. 7608 e Cass. Civ., Sez. lav., sent. 25 gennaio 1993, n. 811). La Suprema Corte aveva rilevato che la volontarietà dell’esecuzione della prestazione lavorativa escludeva ab origine la natura del rapporto subordinato poiché “la configurabilità dell’”eterodirezione” contrasta con l’assunto secondo cui la parte che deve rendere la prestazione può, a suo libito, interrompere il tramite attraverso il quale si estrinseca il potere direttivo”. Sulla base di tali argomentazioni, il Giudice ha ritenuto inesistente il potere direttivo.

Proseguendo nell’analisi evidenzia come non possa applicarsi la disciplina del rapporto di lavoro subordinato nemmeno in base all’art. 2 del D.lgs 81/2015. Pur riconoscendo il fatto che i riders di Foodora, una volta accettato di collaborare, ricevevano da quest’ultima l’indicazione da quale stazione partire in base ai turni di lavoro, precisa che la determinazione dei tempi e dei luoghi della prestazione lavorativa non possono da soli costituire elementi in base ai quali riqualificare il rapporto in subordinato. L’elemento discriminante che deve essere accertato è l’esistenza dell’eterodirezione. Nel proseguio di questo capo della sentenza fornisce un’interpretazione dell’art. 2 del D.lgs 81/2015 che restringe il campo d’applicazione della disciplina del lavoro subordinato rispetto all’art. 2094 c.c.: affinché una prestazione lavorativa, contrattualmente qualificata come rapporto di collaborazione, possa essere riqualificata come subordinata, l’eterodirezione deve anche –ma non solo- riguardare i luoghi e i tempi dell’esecuzione della prestazione. Ne consegue che se la prestazione non viene regolamentata in relazione alle dinamiche spaziali e temporali (condizioni non presenti nell’art. 2094 c.c.) questa, anche se in presenza di altri indici di eterodirezione, non può essere riqualificata. Dall’altra parte la determinazione da parte del committente del luogo e del tempo dell’esecuzione della prestazione non può comportare la riqualificazione del rapporto in subordinato, senza la presenza di un costante esercizio del potere direttivo durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.  Sulla base di questi presupposti nega l’esistenza dell’eterodirezione evidenziando che le comunicazioni effettuate ai fattorini rientrano nel concetto di coordinamento della prestazione con l’attività del committente.

Dalla lettura della sentenza si evince che viene considerato non provato il fatto che, attraverso gli smartphone, Foodora tracciasse la posizione dei fattorini e ordinasse loro quale percorso seguire per svolgere più celermente le consegne.

Il Giudice respinge, infine, la tesi difensiva dei ricorrenti secondo la quale quest’ultimi erano stati cancellati dalla chat a seguito di alcune rimostranze, accogliendo, invece, quella dell’azienda che aveva sostenuto che la chat era stata sostituita da un’altra applicazione su smartphone.

CRITICHE ALLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TORINO

Lo scrivente dissente dalle conclusioni e con le motivazioni fornite nella seppur organica sentenza emessa dal Tribunale di Torino.

Partiamo dalla questione della volontarietà della prestazione. Analizziamo la situazione dei due contraenti. Da una parte una società multinazionale e dall’altra dei ragazzi, molti dei quali con un’età inferiore ai 25 anni, che accettano di lavorare per € 5,60 lordi, quindi meno, ad esempio, di una badante livello C super non convivente che percepisce, in base al CCNL attuale, € 5,94 lordi oltre tredicesima, TFR, ferie pagate ecc.. A ciò aggiungasi che i riders devono mettere a disposizione la loro bici per le consegne e curarne a loro spese la manutenzione, mentre Foodora fornisce i sistemi per il trasporto del cibo, il casco e una pettorina di riconoscimento per chiare finalità  pubblicitarie dell’azienda. E’ evidente che la possibilità di rifiutare le ordinazioni è solamente teorica stante la palese necessità di lavorare dei riders. Una lettura sociologica da parte di un’attenta dottrina aveva rilevato come la natura subordinata del rapporto può stabilirsi anche dalla dipendenza economica del lavoratore nei confronti del datore (Si veda ad es. Mazzotti F., Contenuti ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, Jovene, 1975, pp. 71 e ss.; De Angelis L, I pony express tra subordinazione e autonomia, in (a cura di) Deodato G.-Siniscalchi E., Autonomia e subordinazione nelle figure professionali del terziario,  Giuffrè, Milano,1988, pp. 57 e ss.).

Dalla lettura della sentenza si scopre che sull’applicazione fornita ai riders esisteva solamente un tasto di avviso di una nuova consegna che se non schiacciato continuava suonare. Non c’era alcun tasto per rifiutare l’ordine. Dal punto di vista psicologico il rider era indotto ad accettare l’ordine. Già questi elementi depongono per una soggezione economica e per una dipendenza di tipo gerarchico che fanno scivolare la prestazione nell’ipotesi di subordinazione.

La presunta volontarietà della prestazione presta il fianco ad ulteriori censure. Il Giudice sostiene che i riders sono liberi di collegarsi o meno alla piattaforma di Foodora, ma una volta che sono collegati alla piattaforma essi sono sottoposti al potere direttivo. Dalla sentenza emerge che Foodora indicava i turni, i fattorini dovevano indossare pettorine e caschi con il segno distintivo dell’azienda e recarsi nei luoghi stabiliti dalla piattaforma per la partenza. Scarsamente convincente, inoltre, il concetto della  geolocalizzazione meramente “statica” tramite l’applicazione della società che i riders erano obbligati a scaricare sul loro smartphone. Anche una semplice geolocalizzazione “statica”, se ripetuta nel tempo, permette di tracciare il percorso effettuato dai fattorini, potendo, quindi, sindacare su quello da loro seguito.

Il Giudice sostiene, invece, che Foodora forniva solamente istruzioni generali senza limitare l’autonomia dei lavoratori nell’esecuzione della prestazione.  A parere dello scrivente non si rinviene alcun spazio di autonomia nell’effettuare delle consegne. Si tratta di una prestazione meramente ripetitiva ed esecutiva che, oltre a non lasciare alcun ambito discrezionale, non necessita di direttive specifiche. E’ pacifico in giurisprudenza come nel caso di mansioni estremamente semplici (o nel caso inverso ad alto contenuto professionale, si veda Cass. Civ., sez. lav., sent. 10 aprile 2017, n. 9173) la nozione di subordinazione si attenui essendo caratterizzata da direttive di massima, senza un controllo capillare del datore sulla prestazione eseguita (cfr. Cass. Civ., sez. II, sent. 31 ottobre 2013, Cass. Civ. 19 aprile 2010, n. 9251). Pare inconfutabile che eseguire delle consegne non necessiti di un costante controllo da parte del datore di lavoro.

Sia concesso, inoltre, evidenziare che in base alla precedente disciplina dei contratti a progetto (artt. 61-69 bis Dlgs 276/2003), la prestazione sarebbe stata riqualificata sicuramente come rapporto di lavoro subordinato. La mansione dei fattorini costituisce l’oggetto sociale dell’impresa (consegna di cibo a domicilio) e la proroga dei contratti avrebbe costituito un altro chiaro indice di subordinazione. Non a caso la circolare del ministero del Lavoro n. 29 del 2012 escludeva la possibilità di utilizzo di tale fattispecie per la consegna di beni  a domicilio.

Altri indici di subordinazione trascurati dal Giudice sono le modalità di pagamento, ovvero fissa all’ora indipendentemente dall’elevata o scarsa produttività e l’assenza di rischio economico. Entrambi questi elementi depongono per la natura subordinata del rapporto.

A ciò si aggiunge che il Giudice omette di valutare la prestazione sotto il profilo della teoria della c.d doppia alienazione (Mariucci L., Il lavoro decentrato. Discipline legislative e contrattuali,  Franco Angeli, Milano, 1976).

Nel caso di specie sussiste sia l’alienità dell’organizzazione sia l’alienità del risultato che costituiscono gli elementi peculiari del rapporto di subordinazione secondo la sentenza della Corte Costituzionale 24 gennaio 1996, n. 30: Foodora stipula direttamente il contratto di consegna con gli utenti ricevendo da quest’ultimi il corrispettivo della prestazione eseguita e assumendosi il rischio derivante dell’inesatta prestazione posta a suo a carico nel sinallagma contrattuale, investe sull’acquisto di strumenti digitali che servono per il servizio fornito, è proprietaria della piattaforma digitale e corrisponde una retribuzione ai riders per la loro semplice disponibilità durante i turni.

Incidentalmente non si può non evidenziare come lo stesso lessico utilizzato dal Giudice nella stesura della sentenza (ad esempio, i termini “turni”, “orari”, “istruzioni” ed “ordini”) per descrivere la prestazione dei riders costituisca un indice di una prestazione subordinata anziché autonoma.

Non meno discutibile è l’interpretazione fornita in merito all’art. 2 del D.lgs 81/2015, secondo il quale la nuova disposizione, invece di estendere il campo -se non della fattispecie, quanto meno delle tutele che ad essa si ricollegano- del lavoro subordinato, provocherebbe un restringimento del suo campo applicativo. Tale esegesi della norma è in netto contrasto con il disegno organico dei decreti attuativi del Jobs act. Il Legislatore ha previsto una diminuzione delle tutele contro il licenziamento illegittimo, compensandolo con un allargamento del campo di applicazione delle tutele previste per il lavoro subordinato a quei rapporti che, seppur formalmente autonomi, in realtà simulano contratti di lavoro subordinato o rientrano nella fattispecie della c.d. parasubordinazione.

Non convince neanche la critica sulla sintassi della norma: secondo il giudice l’avverbio “anche” andrebbe ad aggiungere un quid pluris riferito ai tempi e al luogo di lavoro che si sommerebbe e non sostituirebbe al potere direttivo.

Con questa apodittica affermazione il Giudice cancella il precedentemente orientamento giurisprudenziale che aveva per l’appunto eliminato come criterio principale quello dell’eterodirezione per lo svolgimento di alcune tipologie di mansioni, rilevando altri indici per valutare la natura subordinata del rapporto come già evidenziato in precedenza. Non meno rilevante pare sottolineare che nel fornire questa interpretazione, il Giudice legge in maniera atomistica la seconda parte del primo comma dell’art. 2 ignorando, nel suo ragionamento, la specifica previsione della prima parte del medesimo comma che prevede espressamente che, a partire dal 1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione.

La seconda parte del comma dell’art. 2 del D.lgs 81/2015 non fa altro che prendere atto che nel sistema di produzione postfordista l’elemento dell’eterodirezione può, in alcune tipologie di rapporto, non essere utile per definire una prestazione lavorativa come subordinata. Ed, infatti, una lettura più moderna del concetto di subordinazione permette di rinvenire la figura del datore di lavoro -e conseguentemente accertare la natura di rapporto di lavoro subordinato- sulla base di prerogative diverse dal potere direttivo nei confronti del prestatore (Speziale V., Il datore di lavoro nell’impresa integrata, in Aa. Vv., La figura del datore di lavoro articolazioni e trasformazioni. In ricordo di Massimo D’Antona, dieci anni dopo, atti del xvi congresso nazionale di diritto del lavoro, Catania 21-23 maggio 2009, Giuffrè, Milano, 2009, pp. 103 e ss. L’A., inoltre, evidenzia come l’eterodirezione e il controllo del lavoratore siano elementi irrilevanti per l’individuazione del datore di lavoro nelle fattispecie contrattuali del distacco e della somministrazione).  Alla luce di quanto sopra, parte della dottrina (Carinci M.T., Introduzione. Il concetto di datore di lavoro alla luce del sistema: la codatorialità e il rapporto con il divieto d’interposizione, in (a cura di) Carinci M.T. , Dall’impresa a rete alle reti d’impresa, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 13 e ss.) ha focalizzato la propria attenzione sulla gestione dell’attività produttiva come elemento che permette di individuare la figura datoriale. Il datore di lavoro è colui che coordina l’attività dei vari lavoratori e che ricerca nuove commesse. Un ruolo, quindi, di coordinamento della prestazione senza quasi alcuna ingerenza sul modus operandi dei singoli lavoratori. Dunque è considerato il datore di lavoro colui che gestisce nei termini sopra indicati l’attività produttiva all’interno della quale il lavoratore è inserito.

CONSIDERAZIONI FINALI

In conclusione l’analisi di come veniva eseguita la prestazione lavorativa permette di ritenere che il rapporto tra i riders e Foodora sia riqualificabile come rapporto di lavoro subordinato. Se nel nostro ordinamento non si rinvengono, al momento, precedenti giurisprudenziali favorevoli, è opportuno precisare che altri ordinamenti hanno ritenuto subordinato il rapporto con le piattaforme digitali. E’ il caso, ad esempio, di alcune pronunce di Common Law che hanno definito come subordinato il rapporto degli autisti con la piattaforma di Uber (Employment Tribunal of London, 28 ottobre 2016, n. 2202550 ; Superior Court of California — County of San Francisco, 16 giugno 2015, n. CGC- 15- 546378 ; United States District Court — Northern District of California, 3 novembre 2015, n. 3:13-cv-04065-VC).  Alla natura di rapporto di lavoro subordinato è giunta anche il Tribunale del lavoro brasiliano. Il 14 febbraio 2017 la Vara do Trabalho di Belo Horizonte ha deciso che esiste un vincolo di subordinazione tra Uber e gli autisti facendo perno su quegli indici presuntivi diversi dall’eterodirezione descritti sinora.