Cass., Sez. VI – 1, Ord. n. 11130 del 06.04.2022 (ud. 23.06.2021): Separazione con addebito e ripartizione dell’onere probatorio
- 7 Giugno 2022
- Avv. Francesco Meiffret
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Cass., Sez. VI – 1, Ord. n. 11130 del 06.04.2022 (ud. 23.06.2021): Separazione con addebito e ripartizione dell’onere probatorio
Cass ord. 11130 del 6 aprile 2022
MASSIMA
Grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi l’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà.
L’ISTITUTO DELL’ADDEBITO. NOZIONE ED EFFETTI GIURIDICI.
L’art. 151, c. 2, c.c. prevede che: “il giudice, pronunciando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi è addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.”.
In virtù di tale disposizione normativa, si evince che la pronuncia di addebito nel giudizio di separazione ha carattere accessorio ed eventuale, essendo rimessa alla specifica e autonoma iniziativa di una o di entrambi le parti processuali.
Per quanto riguarda i presupposti di questo istituto, va preliminarmente osservato che la norma attribuisce rilevanza giuridica a tutte quelle condotte lesive dei doveri coniugali.
Detti obblighi sono per lo più codificati all’interno della stessa normativa civilistica, assumendo in tal senso particolare rilievo l’art. 143, c. 2, c.c. (Diritti e doveri reciproci dei coniugi) e l’art. 147 c.c. (Doveri verso i figli).
Il dato normativo è stato arricchito negli anni dalla giurisprudenza, non solo aumentando la casistica delle violazioni in merito significative, ma anche precisando che il comportamento colpevole deve essere posto in essere con consapevolezza e volontarietà.
Inoltre, i giudici hanno opportunamente chiarito che la condotta contraria ai doveri coniugali non è idonea di per sé a giustificare l’addebito se non si riscontra in maniera chiara e univoca l’efficacia causale della stessa nel far divenire non più tollerabile la convivenza tra i coniugi.
Con riferimento all’onere della prova, spetta a chi richiede l’addebito provarne i relativi presupposti, per quanto la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che a fronte di una violazione certamente grave dei doveri matrimoniali il nesso di causalità con la successiva crisi coniugale è presunto, salvo l’onere della controparte di provare i fatti contrari alla configurazione dell’addebito richiesto.
Dal punto di vista processuale, vanno menzionati alcuni aspetti degni di nota, tra i quali l’inammissibilità del mutamento del titolo della separazione, secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione e la possibilità di dividere la decisione sulla separazione da quella sull’addebito ex art. 709 bis c.p.c.
Inoltre, l’art. 548, c. 2, c.c. contempla l’ipotesi dell’addebito della separazione da entrambi i coniugi.
Relativamente alle conseguenze giuridiche nell’addebito della separazione, le stesse si caratterizzano per la loro natura sanzionatoria nei confronti del coniuge destinatario della pronuncia ex art. 151, c. 2, c.c.
In primo luogo, da un’interpretazione a contrario dell’art. 156, c. 1, c.c. si ricava che colui o colei al quale la separazione viene addebitata perde il diritto al mantenimento, qualora ne avesse avuto i requisiti stabiliti dalla medesima norma.
Resta, tuttavia, salvo per il coniuge addebitato il diritto agli alimenti ex artt. 438 ss. c.c.
In ultima battuta, l’addebito della separazione comporta la perdita dei diritti successori nei confronti dell’altro coniuge separato ai sensi ed agli effetti degli artt. 548 c. 1, c.c. e 585, c. 2, c.c., con la sola ed unica possibilità di avere il diritto ad un assegno vitalizio nell’ipotesi residuale disciplinata dall’art. 548, c. 2, c.c.
Il CASO
La Corte d’Appello di Catania, accogliendo l’appello formulato dalla moglie e conseguentemente riformando la sentenza di primo grado resa dal Tribunale del capoluogo etneo, revocava la pronuncia di addebito della separazione emessa su richiesta del marito a carico della propria consorte.
Nello stabilire ciò, i giudici di seconda istanza consideravano che, anche assumendo come accertata la violazione dell’obbligo di fedeltà della donna, per aver la stessa avuto una relazione extraconiugale, tale tradimento avveniva in una pregressa situazione d’intollerabilità nella prosecuzione della convivenza tra gli sposi.
Perciò la Corte territoriale, in linea con il costante e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, argomentava circa l’assenza di prova del nesso di causalità tra infedeltà coniugale e conseguente insorgenza dei presupposti giuridici e fattuali ai fini della separazione e l’opposto assolvimento dell’onere probatorio relativo ad una crisi tra i coniugi già in atto al momento del tradimento di uno nei confronti dell’altro.
Il marito, soccombente in secondo grado sullo specifico punto, impugnava la sentenza con ricorso in Cassazione, adducendo tre motivi di gravame vertenti, in generale, sulla portata probatoria da riconoscere all’infedeltà del coniuge e sulla ripartizione dell’onere di prova tra le parti nel relativo giudizio.
All’esito della procedura la Cassazione si pronuncia per la manifesta infondatezza del ricorso, dichiarandolo anche inammissibile per le ragioni in seguito esposte.
LA SOLUZIONE PROPOSTA DALLA SUPREMA CORTE
La Sottosezione I della Sezione VI c.d. “filtro” della Corte di Cassazione rigetta il ricorso del marito, osservando che il giudice dell’appello aveva fatto un corretto uso dei principi in ordine al valore probatorio da attribuire alla violazione del dovere di fedeltà coniugale ex art. 143, c. 2, c.c. e alla distribuzione dell’onere probatorio tra il ricorrente e la resistente ai sensi dell’art. 2697 c.c.
In particolare, in ossequio alla risalente elaborazione giurisprudenziale sull’istituto dell’addebito, gli Ermellini respingono l’assunto di parte ricorrente, secondo il quale l’avvenuto tradimento coniugale ha presuntivamente efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza tra i due coniugi e che controparte è conseguentemente tenuta a provare rigorosamente l’anteriorità della crisi coniugale rispetto all’adulterio verificatosi.
Invero, è colui che agisce in giudizio per richiedere l’addebito della separazione all’altro coniuge, che deve necessariamente dimostrare la violazione dei doveri coniugali e il relativo nesso di causalità tra detta condotta e la sopravvenuta intollerabilità della continuazione del rapporto di convivenza tra gli sposi.
Una volta assunto tale onere, toccherà, a sua volta, a parte resistente dare prova dei fatti contrari e negativi, che possono coincidere sia nella dimostrazion ed della piena osservanza dei doveri matrimoniali sia eventualmente nell’anteriorità della crisi coniugale in relazione alla successiva condotta posta in violazione degli obblighi coniugali.
Nella fattispecie oggetto della presente pronuncia, la Corte d’Appello ha correttamente valorizzato gli elementi probatori prodotti dalla difesa della moglie e tesi a dimostrare la preesistenza della crisi coniugale rispetto al singolo episodio di infedeltà coniugale, laddove il marito, richiedente l’addebito della separazione, si era limitato solamente ad allegare l’avvenuta violazione del relativo dovere.
Peraltro, nel censurare la valutazione nel merito compiuta dalla Corte etnea, il ricorrente, pur formalmente deducendo un’apparente violazione e/o falsa applicazione della legge ex art. 360, c.1, n. 3, c.p.c., richiede sostanzialmente al Giudice di legittimità una rivalutazione, in senso a sé favorevole, delle prove già addotte dalle parti e delle relative rsultanza.
Atteso che tale esame nel merito è ex lege precluso alla Suprema Corte, salva la sola ipotesi eccettuativ, contemplata all’art. 360, c.1, n. 5, c.p.c., quest’ultima correttamente rigetta il ricorso con ordinanza di manifesta infondatezza del medesimo.
Avv. Federico Colangeli
Per ulteriori informazioni sul tema rivolgersi all’Avv. Francesco Meiffret ( info@studiolegalemeiffret.it, studiolegalemeiffret@gmail.com, cell 3398177244, tel 0184532708 ) e all’Avv. Federico Colangeli (cell. 0039.3334966282 / tel. 0039.0184509085 – recapiti mail: federicocolangeli@yahoo.it – avv.federicocolangeli@libero.it ).