Tribunale di Salerno: il danno da usura psico-fisica per il mancato godimento dei riposi compensativi è presunto e liquidato in via equitativa
- 8 Gennaio 2025
- Avv. Francesco Meiffret
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Tribunale di Salerno: il danno da usura psico-fisica per il mancato godimento dei riposi compensativi è presunto e liquidato in via equitativa
Tribunale di Salerno sez. lav. sent. 31 ottobre 2024
E’ quanto stabilito dalla sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Salerno del 31 ottobre 2024.
I punti rilevanti della sentenza in commento sono:
1) la determinazione in via equitativa del danno non patrimoniale, definito da usura psicofisca, derivante dal mancato godimento dei riposi settimanali e da quelli compensativi. Detta posta, come si argomenterà nelle conclusioni, dovrebbe aggiungersi all’indennità per le ferie maturate e non godute e alle maggiorazioni derivanti dall’esecuzione di prestazioni lavorative nei giorni festivi;
2) il danno da usura psicofisca è considerato un danno in re ipsa a causa della violazione dell’art. 36 Cost e 2019 c.c.
3) altra questione d’interesse affrontata nel caso di cui trattasi è il riconoscimento di tale voce di danno nonostante che il lavoratore ricorrente avesse piena autonomia nell’organizzare il proprio orario di lavoro e fosse in una posizione apicale. Infatti l’obbligo di garantire l’integrità psicofisica, stabilito dall’art. 2087 c.c., impone al datore di lavoro di verificare che tutti i propri dipendenti, a prescindere dalla presenza di un’autonomia organizzativa o meno in capo a quest’ultimi, usufruiscano di un riposo di 24 ore consecutive ogni settimana. In alternativa ed estrema ipotesi il datore di lavoro deve accertare che il lavoratore abbia usufruito di un riposo compensativo in prossimità temporale alla giornata dedicata al riposo settimanale ed, invece, trascorsa in servizio.
4) l’ultimo tema di carattere processuale è la prescrizione. Trattandosi di risarcimento derivante da inadempimento contrattuale e non di retribuzione mensile, la prescrizione è decennale e non quinquennale.
Il caso
Un dipendente comunale aveva presentato ricorso avverso il Comune di Salerno per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale derivante da usura psicofisica. Nel ricorso sosteneva di aver lavorato sette giorni su sette senza usufruire di 179 riposi compensativi dal 1 marzo 2016 al 31 luglio 2022. Quantificava il danno in via equitativa in € 13886,82. Giustificava la richiesta basandosi sulla paga giornaliera prevista dal CCNL per lo svolgimento del lavoro domenicale moltiplicata per 179 volte.
Si costituiva il Comune di Salerno eccependo in via preliminare la prescrizione quinquennale del credito. Nel merito chiedeva il rigetto della domanda evidenziando come il ricorrente svolgesse un incarico apicale e gestisse sia le proprie ferie che quelle di altri dipendenti comunali. Riportava, inoltre, che il Comune avesse inviato specifici ordini di servizio volti a far esaurire ferie e riposi compensativi a tutti i propri i dipendenti incluso il ricorrente. Deduceva, inoltre, di non essere stato mai avvisato dal lavoratore in merito a tale situazione.
La Decisione
Il Tribunale accoglie la domanda del ricorrente, ma riconosce una minor somma a titolo di risarcimento rispetto a quella avanzata dal ricorrente.
Rigetta l’eccezione preliminare d’intervenuta prescrizione. Il lavoratore richiede un risarcimento del danno contrattuale (violazione dell’obbligo di garantire l’integrità psicofisica nell’esecuzione della prestazione lavorativa) e non differenze retributive. La domanda, così come correttamente qualificata dal ricorrente, comporta l’applicazione della normale prescrizione decennale e non quella quinquennale delle retribuzioni infrannuali stabilita dall’art. 2948 c.c.
Venendo al merito il Giudice rileva come non sia stato contestato che il ricorrente non avesse usufruito di 179 riposi compensativi per aver svolto lavoro domenicale nonostante che il proprio orario normale di lavoro fosse distribuito su sei giorni, dal lunedì al sabato.
Partendo dalla mancata contestazione, il Giudice si richiama al principio della Suprema Corte più volte ribadito in varie pronunce in base al quale, in presenza di determinate condizioni, il danno da usura psicofisica deve considerarsi presunto (Cfr ex plurimis Cass. Civ. Sez. Lav. ord. 5 luglio 2024 n. 18390, Cass. Civ. sez. lav sent. n. 14710 del 14 luglio 2015). Nello specifico la prestazione lavorativa, svolta in violazione della disciplina dei riposi giornalieri e settimanali e protrattasi nel tempo, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta nell’“an” in quanto lesione del diritto garantito dall’art. 36 Cost.. Per quanto riguarda la determinazione del “quantum”, occorre tenere conto della gravosità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento, da non confondere con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale.
La Suprema Corte, anche negli arresti appena richiamati, ha altresì precisato come il riposo compensativo debba essere almeno di 24 ore consecutive, tempestivo e collocato attiguamente ad altri periodi di riposo. Tali condizioni sono stabilite dall’art. 6 del Reg CE 516/2006 che stabilisce che qualsiasi riposo preso a compensazione di un periodo di riposo settimanale ridotto è attaccato ad un altro periodo di riposo di almeno 9 ore.
Nel merito non è di ostacolo al riconoscimento del risarcimento del danno da usura psicofisica da mancato godimento dei riposi compensativi il fatto che il lavoratore fosse in una posizione apicale che gli permettesse di autodeterminare le proprie ferie. La sentenza in commento, infatti, si richiama ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in base al quale non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. la posizione apicale del lavoratore, nemmeno nell’ipotesi in cui avesse la possibilità di modulare dal punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferie e dei ripos; permane sempre in capo al datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore, salva l’ipotesi che la condotta di questi si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile (cfr. ex plurimis Cassazione civile sez. lav., 27 gennaio 2022 ord. n.2403).
Non ha alcuna incidenza nemmeno l’assenza di rimostranze da parte del lavoratore. Anche in relazione a questa eccezione del Comune, il Giudice rileva come sia consolidato l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale, sempre ai fini dell’accertamento della responsabilità datoriale ex art 2087 c.c. per danno da usura psico fisica, sia irrilevante l’assenza di doglianze o sollecitazioni mosse dal lavoratore.
Il Giudice, nell’argomentare la propria decisione, prosegue sostenendo come sia da escludere la configurabilità del concorso di colpa, ove il lavoratore abbia conformato la sua condotta ai canoni di cui all’articolo 2104 del Cc, coerentemente con il livello di responsabilità proprio delle funzioni e in ragione del soddisfacimento delle esigenze di servizio. In merito al riconoscimento del danno conclude ricordando come non costituisca un’esimente l’ignoranza da parte del datore di lavoro delle particolari condizioni in cui sono prestate le mansioni affidate ai dipendenti. Infatti, salvo prova contraria, si presumono conosciute dal datore di lavoro in quanto espressione ed attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore (cfr ex plurimis Cassazione civile sez. lav., sent 08 maggio 2014, n. 9945).
Sulla base di dette argomentazioni il Giudice quantifica in via equitativa il risarcimento del danno in € 6943,31 cioè la paga giornaliera ordinaria. Stabilisce, quindi, di non dover accogliere la richiesta del ricorrente di vedergli riconosciuto l’aumento del 50% della paga giornaliera per il lavoro domenicale. Rileva infatti come egli avesse già ricevuto detta indennità per la prestazione lavorativa svolta nel giorno domenicale.
CONCLUSIONI
Come già rilevato, i punti salienti della sentenza dal punto di vista processuale è l’applicazione della prescrizione decennale e non quella quinquennale ex art 2948 c.c. non trattandosi di retribuzione da versarsi mensilmente, ma di risarcimento del danno contrattuale per violazione dell’art. 2087 c.c.
Nel merito sono l’esistenza del danno in re ipsa qualora il mancato godimento del riposo compensativo sia reiterato nel corso del rapporto di lavoro e la sua quantificazione in via equitativa.
Proprio in relazione a questo punto pare criticabile la decisione del Giudice di merito di non accogliere la richiesta del lavoratore di parametrare il risarcimento alla paga giornaliera prevista dal CCNL per il lavoro domenicale perché detta indennità era già stata riconosciuta dal datore di lavoro per il lavoro svolto in detta giornata.
L’orientamento predominante della Suprema Corte, ancora riaffermato di recente con la sentenza n. 31712 del 10 dicembre 2024, afferma il riconoscimento di un quid pluris rispetto al riposo compensativo per il lavoro svolto di domenica. Il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, deve essere in ogni caso compensato con un quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può essere determinato dal giudice e può consistere anche in benefici non necessariamente economici, salva restando l’applicabilità della disciplina contrattuale collettiva più favorevole. Pertanto, il lavoratore che presti la propria attività nella giornata di domenica ha diritto, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad un’ulteriore forma di compensazione. Il solo fatto che la contrattazione collettiva non abbia previsto espressamente alcuna maggiorazione in forma indennitaria o salariale non è, d’altronde, qualificabile come conseguenza di una volontà delle parti collettive diretta ad escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall’ordinamento ai lavoratori domenicali (in senso conforme si veda anche Cass. Civ. sez. lav., sent. 20 settembre 2013 n.21626).
Dalle coordinate giurisprudenziali sopra enunciate il solo riconoscimento della paga giornaliera non sembra potersi considerare un equo ristoro, trattandosi di mancato godimento di un riposo compensativo in luogo di quello domenicale.
Non avrebbe costituito una duplicazione concedere nuovamente l’aumento del 50% della paga ordinaria giornaliera a titolo d’indennità. Infatti la retribuzione già corrisposta dal datore di lavoro costituiva il pagamento maggiorato della prestazione domenicale. Il riconoscimento nuovamente dell’aumento del 50% rispetto alla paga giornaliera a titolo d’indennizzo del mancato godimento dei riposi compensativi in luogo del lavoro domenicale avrebbe costituito quel quid pluris stabilito dalla Suprema Corte per ristorare la “maggiore penosità” del lavoro svolto nel giorno domenicale e che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo. A parere dello scrivente la quantificazione in via equitativa del Giudice non ha tenuto conto di tale elemento.
Per ulteriori informazioni sul tema rivolgersi all’Avv. Francesco Meiffret (info@studiolegalemeiffret.it, studiolegalemeiffret@gmail.com, cell 3398177244, tel 0184532708)