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Cass., Sez. I, Ord. n. 2893 del 31.01.2023: Diritto all’oblio e responsabilità civile per illecito trattamento dei dati personali

Cass., Sez. I, Ord. n. 2893 del 31.01.2023 : Diritto all’oblio e responsabilità civile per illecito trattamento dei dati personali

Cass. civ. Sez. I, Ord. 31 gennaio 2023, n. 2893

MASSIMA

In tema di trattamento dei dati personali e di diritto all’oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell’archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di un’inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell’assoluzione dell’imputato, purché, a richiesta dell’interessato, l’articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l’archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell’interessato, all’articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell’esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine sociale.

IL DIRITTO ALL’OBLIO. NOZIONE E LIMITI.

Il diritto all’oblio consiste nella tutela dell’interesse giuridicamente riconosciuto del singolo individuo a non vedere pubblicizzate vicende storiche che l’hanno in passato riguardato, ma che ormai devono ritenersi superate atteso il lungo decorso temporale degli avvenimenti e la mancanza di attualità nel rammentarli.

E’, in altri termini, un diritto soggettivo personale a non essere più ricordato dalla collettività per fatti legittimamente oggetto di cronaca in un periodo ormai passato.

Per tale motivo tale prerogativa giuridica è stata ricondotta nell’ambito più ampio e generale del diritto alla riservatezza e alla protezione dei propri dati personali.

Peraltro, lo specifico diritto all’oblio è originariamente il risultato dell’elaborazione giurisprudenziale, salvo trovare solo recentemente una disciplina normativa all’interno del diritto positivo derivato dell’Unione Europea (Cfr. art. 17 del Regolamento UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali, c.d. GDPR – General Data Protection Regulation), recepito successivamente nel nostro ordinamento interno attraverso il D. Lgs. n. 101 del 10.08.2018.

Tale diritto, che trova in maniera generale copertura costituzionale all’art. 2 della nostra Legge fondamentale non si caratterizza, al pari di altri rilevanti diritti della personalità, per avere una portata applicativa assoluta e totalmente incondizionata.

Esso, infatti, sconta dei rigorosi limiti legali dovuti alla necessità di affermare ed applicare altri diritti del medesimo rango costituzionale, con particolare riguardo al diritto all’informazione e alla manifestazione del proprio pensiero contemplato all’art. 21 Cost.

Il CASO

Due privati cittadini ricorrevano innanzi al Tribunale civile di Napoli nei confronti della Società GEDI – Gruppo Editoriale SpA, nella sua qualità di titolare dei dati personali.

I ricorrenti deducevano di essere stati in passato indagati e sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell’ambito di un procedimento penale innanzi al Tribunale penale di Napoli per ipotesi delittuose contro la P.A.

In seguito gli stessi venivano prosciolti da ogni accusa in merito con sentenza di assoluzione passata in giudicata, richiedendo ed ottenendo contestualmente l’indennizzo economico per l’ingiusta detenzione patita.

Come spesso accade nel nostro paese, la notizia dell’avvio dell’indagine penale nei loro confronti aveva ricevuto all’epoca una vasta eco nei mezzi d’informazione, in particolare in quelli con rilevanza locale e regionale.

Gli attuali ricorrenti erano stati, perciò stesso, sottoposti alla gogna mediatica in quel preciso periodo storico.

A distanza di più di un quindicennio da quegli avvenimenti gli esponenti si accorgevano che tramite consultazione telematica sui più utilizzati motori di ricerca dei loro nominativi si accedeva direttamente ed agevolmente all’archivio on line di alcune agenzie di stampa e testate giornalistiche che contenevano solamente gli articoli riguardanti l’avvio delle indagini e l’applicazione degli arresti domiciliari, senza nessun cenno successivo all’evoluzione del procedimento nella direzione sopra indicata.

Pertanto i legali degli interessati diffidavano in via stragiudiziale gli editori e titolari del trattamento dei dati personali a disporre l’immediata cancellazione degli articoli dai rispettivi archivi.

Atteso che il solo gruppo GEDI non forniva alcun tipo di riscontro in merito, veniva conseguentemente adita la competente A.G.O. ex art. 152 de D. Lgs. n. 196 del 30.06.2003 (c.d. Codice della privacy), per vedere, in via principale, la domanda di rimozione degli articoli presenti in archivio ed aventi contenuto lesivo del diritto all’oblio oppure, in subordine, l’inacessibilità di detti articoli attraverso i comuni motori di ricerca tramite la loro deindicizzazione e la sola permanenza nell’archivio on line della testata facente parte del gruppo GEDI, oltre all’accessoria richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali.

Controparte, a seguito dell’azione intrapresa, effettuava medio tempore la deindicizzazione dei nominativi, costituendosi in giudizio, subito dopo, per chiedere il rigetto integrale delle domande giudiziali.

La difesa del Gruppo GEDI argomentava in favore della prevalenza nel caso di specie del diritto costituzionalmente garantito all’informazione di cui all’art. 21 Cost. rispetto al diritto ex adverso vantato, evidenziando conclusivamente che l’archivio storico di una testata giornalistica ha una preminente funzione di memoria collettiva e documentaristica, tale per cui non può essere manipolato, né modificato a posteriori.

Nella sentenza del 13.09.2021 il giudice di merito, dopo aver dichiarato cessata la materia del contendere relativa alla richiesta, da parte dei ricorrenti, di deindicizzazione, rigettava tutte le loro altre pretese, con contestuale condanna alle spese di lite.

Nel giustificare tale decisione, il tribunale partenopeo osservava che in un’ottica di giusto e necessario bilanciamento tra interessi configgenti, il diritto pubblico all’informazione prevale sull’interesse personale all’oblio, il quale viene debitamente garantito ed adeguatamente protetto attraverso il solo rimedio della deindicizzazione, essendo, per contro, esorbitanti o superflue le soluzioni della cancellazione o dell’aggiornamento con note anche brevi collegate ai relativi articoli di giornale.

Pertanto i soccombenti impugnavano la sentenza di primo grado, direttamente con ricorso in cassazione, contenente tre motivi gravame.

La Corte di Cassazione con l’Ordinanza in commento accoglieva parzialmente l’impugnativa formulata dai ricorrenti sulla base delle seguenti motivazioni.

LA SOLUZIONE PROPOSTA DALLA SUPREMA CORTE

La prima Sezione della Suprema Corte, prima di affrontare direttamente le questioni di legittimità enunciate nel ricorso sottopostole, delinea preliminarmente il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento in ambito europeo e nazionale.

Per quanto riguarda il diritto di derivazione dell’Unione Europea rilevano, in prima battuta, gli artt. 7 (Rispetto della vita privata e della vita familiare) e 8 (Protezione dei dati di carattere personale) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), datata 07.12.2000.

In seconda battuta, gli ermellini richiamano i principi giuridici tratteggiati nella nota sentenza della Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, n. 317 del 13.05.2014, causa C-131/12 (c.d. Sentenza “Google Spain”).

Il Legislatore europeo ha successivamente preso le mosse da tale fondamentale arresto giurisprudenziale per configurare l’art. 17 del Regolamento (UE) 2016 / 679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27.04.2016, rubricato Diritto alla cancellazione (“Diritto all’oblio”).

Con riguardo, invece, al diritto italiano, oltre al Codice della Privacy del 2003, come in seguito aggiornato nel 2018 con il relativo decreto legislativo di ricezione del Regolamento GDPR di cui sopra, i giudici di legittimità ripercorrono i propri orientamenti passati, con particolare attenzione ai casi analoghi a quello in trattazione.

Pertanto, la Corte, ribadita innanzitutto l’importante funzione di memoria storica e documentale dell’archivio, anche on line, di una testata giornalistica, diretta manifestazione di diritti di livello costituzionale ai sensi ed agli effetti degli artt. 21 e 33 Cost., rispettivamente il diritto alla libertà di pensiero ed alla manifestazione dello stesso ed il diritto al libero esercizio ed all’insegnamento dell’arte e della scienza, si interroga sulle modalità applicative con le quali poter realizzare un giusto e ponderato bilanciamento con il diritto all’oblio delle persone menzionate negli stessi articoli archiviati.

Sul punto i giudici della prima Sezione osservano in partenza che l’eventuale notorietà pubblica del soggetto destinatario degli articoli può far propendere l’ago della bilancia in favore dell’interesse all’informazione collettiva e alla conservazione perdurante della memoria storica dei fatti pubblicati.

Per contro, nel caso in cui la persona interessata non rivesta il ruolo di personaggio pubblico, il diritto all’oblio degli avvenimenti passati, oggetto di precedente cronaca, in favore di quest’ultimo deve necessariamente rafforzato.

Di conseguenza, il Collegio giudicante, in parziale revisione dei propri originari indirizzi interpretativi e pur aderendo alla decisione resa nel merito, laddove evidenzia che la cancellazione tout court degli articoli denunciati dagli archivi dei giornali è una misura troppo radicale ed irrispettosa dello strumento del bilanciamento tra interessi costituzionalmente, stante la congruità della mera deindicizzazione dai comuni motori di ricerca, assume che quest’ultima tipologia di rimedio deve essere necessariamente integrata in presenza di determinate condizioni specifiche.

In particolare, nell’ipotesi come quella in analisi nella quale le notizie divulgate riguardano procedimenti penali che si sono poi conclusi con esiti favorevoli per le persone coinvolte, quest’ultime devono vedersi riconosciuto il diritto, su loro richiesta documentata, all’aggiornamento della notizia presente nell’archivio storico del giornale con l’apposizione, a margine o in calce al contributo originariamente redatto, di una sintetica nota informativa sull’esito finale del giudizio.

Così agendo, non solo il diritto all’oblio viene ulteriormente implementato, ma si salvaguardia contemporaneamente anche il diritto della persona a non dover patire un ingiustificato pregiudizio della propria immagine sociale, attesa sia la mancanza di attualità della notizia archiviata, sia il superamento della stessa in forza di successivi avvenimenti.

Peraltro, la Cassazione, a chiosa della pronuncia qui commentata, rileva che l’onere giuridico di aggiornamento che si pone a carico del titolare del trattamento dei dati personali non sconta un’eccessiva gravosità per quest’ultimo, dal momento che colui che ne farà richiesta sarà altresì onerato dal produrre i documenti necessari e fondanti la relativa domanda, cosicché la nota informativa sintetica costituirà un mero sunto di quanto dedotto dallo stesso interessato.

Avv. Federico Colangeli

Per ulteriori informazioni sul tema rivolgersi all’Avv. Francesco Meiffret (recapiti sul sito) e all’Avv. Federico Colangeli (cell. 0039.3334966282 / tel. 0039.0184509085 – recapiti mail: federicocolangeli@yahoo.itavv.federicocolangeli@libero.it ).

Avv. Federico Colangeli

Specializzato in: Immigrazione, Penale, Famiglia, Recupero crediti, Locazioni, Infortunistica stradale e Tutela dei consumatori.

Contatti

Mail: avvfedericocolangeli@libero.itfedericocolangeli@yahoo.it

Descrizione

L’Avv. Colangeli si occupa prevalentemente di diritto dellimmigrazione, materia nella quale vanta unesperienza professionale pluriennale. Nel 2009 ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso lUniversità degli studi di Genova e lanno successivo il diploma di Master universitario per Giurista dImpresa nel medesimo Ateneo. Eiscritto allalbo degli Avvocati di Imperia dal 14 febbraio 2014. Dal 2016 è iscritto allelenco degli avvocati che prestano il patrocinio a spese dello Stato e dal 2019 è iscritto nellelenco nazionale dei difensori dufficio. Dal 2020 collabora con il portale telematico IlFamiliarista curato da Giuffrè Francis Lefebvre. L’Avv. Colangeli fornisce consulenze stragiudiziali ed assistenza giudiziale nelle seguenti materie: immigrazione, penale, locazioni, recupero crediti, diritti reali, contratti, diritto di famiglia, responsabilità civile, condominio ed infortunistica stradale. Collabora infine con lo Studio legale dellAvv. Francesco Meiffret di Sanremo (IM) dal 2015.

Avv. Federico Colangeli

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