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Gli eredi sono sempre obbligat...

Gli eredi sono sempre obbligati a pagare le differenze retributive rivendicate dalla badante del parente defunto?

Gli eredi sono sempre obbligati a pagare le differenze retributive rivendicate dalla badante del parente defunto?

MASSIMA

L’erede non convivente del parente deceduto non risponde delle rivendicazioni lavorative della badante di quest’ultimo poiché il rapporto di lavoro domestico, come quello di portierato, si basa sul cd intuitu personae. Pertanto le obbligazioni di tale rapporto non sono trasmissibili agli eredi. (Trib. di Agrigento, sez. lav. sent. 27 maggio 2025 n. 799. In senso conforme cfr Tribunale di Parma, sez. lav. Sent. 3 aprile 2024 n. 230, Trib Velletri, sez. lav. sent 16 giugno 2020 n. 539).

 

E’ questa la questione affrontata dal Tribunale di Agrigento nella sentenza del 27 maggio 2025 n. 799( Tribunale di Agrigento sez. lav., sent. 27 maggio 2025 N. 799 )

La risposta a tale requisito dipende in prima battuta dalla dimostrazione in giudizio se i parenti eredi fossero o meno coabitanti con il parente accudito dalla badante che rivendica differenze retributive e/o l’esistenza di un rapporto di lavoro domestico.

Nel caso di specie il Giudice ha accertato il difetto di legittimazione passiva dell’erede del datore di lavoro della badante poiché risultava provato che non fosse convivente.

Nel motivare applica un consolidato orientamento di merito secondo il quale il rapporto di lavoro domestico si basa sul rapporto fiduciario tra il defunto e la persona che lo accudiva in casa. Tale fattispecie di rapporto di lavoro si basa, infatti, sul cd intuitu personae e, di conseguenza, non è trasmissibile agli eredi di una delle parti (cfr ex plurimis Tribunale di Parma, sez. lav. Sent. 3 aprile 2024 n. 230, Trib Velletri, sez. lav. sent 16 giugno 2020 n. 539).

Ne consegue, quindi, l’accertato difetto di legittimazione passiva.

Il Giudice tuttavia puntualizza che tale principio non è applicabile in tutti i casi.

Innanzitutto gli eredi conviventi con il datore di lavoro rispondono delle obbligazioni pecuniarie derivanti dal rapporto di lavoro domestico. E’ la stessa contrattazione collettiva (art 37 commi 8 e 9 CCNL Colf badanti) a prevedere esplicitamente che delle rivendicazioni derivanti dalla prestazione lavorativa del lavoratore domestico i familiari conviventi con il parente defunto ne siano tenuti in solido al pagamento.

A prescindere dalla contrattazione collettiva è intuibile come il parente convivente possa aver beneficiato anch’egli della prestazione lavorativa del lavoratore domestico (ad es la cura e pulizia dell’abitazione che rientra tra le mansioni a carico di una badante).

Nel caso di specie, inoltre, non risulta che l’erede avesse svolto la funzione di datore di lavoro sostanziale esercitando i poteri tipici del datore di lavoro (disciplinare e direttivo).

Capita, infatti, che il rapporto di lavoro sia formalmente imputato alla persona che beneficia delle cure del lavoratore domestico, ma in realtà chi decida sui compiti che il badante deve svolgere sia un parente.

Ovviamente spetta al ricorrente dover dimostrare che il datore di lavoro di fatto sia un parente.

Ma nel caso sottoposto al Tribunale di Agrigento nell’istruttoria è risultato accertato il fatto che il parente chiamato a rispondere delle differenze retributive non fosse residente con il de cuius e nemmeno avesse mai avuto interazioni con la badante.

Alla luce anche della genericità del ricorso, circostanza evidenziata nella sentenza, il Giudice accerta il difetto di legittimazione passiva e condanna la badante ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Giova precisare come la sentenza in commento, richiamandosi ad una sentenza del Giudice di legittimità (Corte cfr. Corte Cost. Sent. 15 luglio 1976 n. 207), incidentalmente affermi come anche il rapporto di portierato, così come quello domestico, si basi con il principio dell’intuitu personae (in relazione al rapporto di lavoro di portierato basato sull’intuitu personae si veda anche Cass. Civ. Se, lav Sent. 20 maggio 2020 n. 9292).

Si può, quindi, sostenere che anche nell’ipotesi di portierato occorrerà verificare la legittimazione passiva degli eredi nell’ipotesi di vertenze retributive vantate dal portiere che operava nello stabile del de cuius.

Non in ultimo la sentenza si richiama ad una pronuncia del Tribunale di Velletri in un caso del tutto simile. In detto precedente il Giudicante aveva affermato che i rapporti passivi che possono essere trasmessi per effetto della successione mortis causa possono essere solo quelli accertati e/o ancora in corso di accertamento in epoca successiva alla morte del dante causa (cfr. Tribunale Velletri sent. 16 giugno 2020, n. 539).

Sia nel caso affrontato dal Tribunale di Velletri che in quello della sentenza in commento le differenze retributive non erano mai state rivendicate nei confronti del datore di lavoro né in via giudiziale e nemmeno in via stragiudiziale. Inoltre non vi era stato un riconoscimento di debito da parte del datore di lavoro con conseguente trasmissibilità all’erede.

Infine, sotto il profilo processuale, pare opportuno rammentare che la carenza di legittimazione passiva o attiva costituisca una mera difesa che può essere rilevata d’ufficio dal Giudice in ogni stato e grado di giudizio (Cfr ex plurimis Cass. Civ Sez. II, ordinanza 17 ottobre 2023, n. 28793. In senso conforme Corte Cass. S.U. sent. 16 febbraio 2016 n. 2951).

 

Per ulteriori informazioni rivolgersi all’Avv. Francesco Meiffret (info@studiolegalemeiffret.it, studiolegalemeiffret@gmail.com, cell 3398177244, tel 0184532708) 

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