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La persona fisica che svolge l’incarico di amministratore unico o di presidente del consiglio di amministrazione di una società non può essere contemporaneamente lavoratore subordinato nella medesima società

La persona fisica che svolge l’incarico di amministratore unico o di presidente del consiglio di amministrazione di una società non può essere contemporaneamente lavoratore subordinato nella medesima società

Cass Civ sez. Trib sentenza n. 33362 del 23 novembre 2021

Un’importante sentenza che si ripercuote sulle richieste contributive da parte dell’Inps aventi oggetto la “cd doppia iscrizione” e in tema di imposte sui redditi con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa posto che l’art. 62 D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 esclude l’ammissibilità di deduzioni a titolo di compenso per il lavoro prestato o l’opera svolta dall’imprenditore.

La Cassazione ha statuito che è giuridicamente inammissibile l’ipotesi che una persona fisica possa essere contestualmente amministratore unico e lavoratore subordinato della medesima società.

Il ragionamento della Suprema Corte è semplice: se una persona svolge l’incarico di amministratore unico non è soggetta al potere disciplinare e direttivo da parte di un altro soggetto (nello stesso senso si veda Cassazione civile, sez. trib. , 13/11/2006. n. 24188).

Come è noto l’eterodirezione e l’assoggettamento al potere disciplinare sono gli elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato. Tale incompatibilità era stata rilevata anche dall’Inps nel messaggio 3359/2019 che aveva accolto l’orientamento costante della Suprema Corte Sez. lavoro nel ritenere impossibile il vincolo di subordinazione perché mancherebbe la soggezione del prestatore del lavoro ad un potere sovraordinato di controllo e disciplina, escluso dall’immedesimazione in un unico soggetto della veste di esecutore della volontà sociale e di quella di unico organo competente ad esprimerla (Cass. Sez, Lav., sent. 19 maggio 1998, n. 5352; Cass., Sez. Lav. sent. 28 aprile 2021 n. 11161).

La novità della sentenza in commento è che la Suprema Corte estende tale incompatibilità anche al presidente del consiglio di amministrazione. Tale punto della decisione tuttavia non è argomentato. E’ presumibile che i Giudici di Piazza Cavour abbiano rilevato nel caso concreto un ruolo apicale del presidente del CDA, ipotesi, tuttavia, che non sussiste in automatico, ma che deve derivare dai poteri attribuiti dallo statuto o dall’atto costitutivo. Se, infatti, pare evidente dal punto di vista logico giuridico le ragioni di un’incompatibilità a priori del doppio ruolo di amministratore unico e lavoratore subordinato, a parere di chi scrive non può essere scontato per il ruolo di presidente del CdA dal momento che in questo caso esiste un organo collettivo al quale il primo potrebbe comunque essere sottoposto a vigilanza e controllo nel caso di instaurazione anche di un contratto di lavoro subordinato.

La sentenza qui brevemente annotata rammenta in ultimo – riprendendo un costante orientamento sul punto (si veda ad es. Cass Sez. Lav., sent. 26 ottobre 1996 n. 9368, Cass. Sez. lav. sent. 28 aprile 2021, n. 11161) – come possa sussistere il doppio ruolo di lavoratore subordinato e consigliere di amministrazione purché siano rilevati i seguenti presupposti:

1) sia accertato che il medesimo soggetto svolga sia le funzioni di amministratore che mansioni derivanti da un rapporto di lavoro subordinato che non rientrano in quelle tipiche svolte da un amministratore;

2) in relazione alle mansioni svolte che fuoriescono da quelle derivanti dall’incarico sociale è necessario l’assoggettamento ad un effettivo potere gerarchico e disciplinare.

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