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Perché è giuridicamente corr...

Perché è giuridicamente corretta la sentenza del giudice del Lavoro del Tribunale di Arezzo che ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un lavoratore che, durante un periodo di malattia, si è recato ad assistere una partita di calcio

Perché è giuridicamente corretta la sentenza del giudice del Lavoro del Tribunale di Arezzo che ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un lavoratore che, durante un periodo di malattia, si è recato ad assistere una partita di calcio

Trib. Arezzo, Sez. Lav. sent. 7 marzo 2023

Ha destato parecchio scalpore la sentenza del Tribunale di Arezzo del 7 marzo scorso con la quale il Giudice del Lavoro ha dichiarato illegittimo il licenziamento del lavoratore recatosi allo stadio a vedere Fiorentina Juventus mentre era in malattia.

Si sono letti titoli enfatizzanti di giornali (a titolo esemplificativo In malattia ma allo stadio: l’assist del giudice che salva dal licenziamento il tifoso assenteista”, “Arezzo, in malattia va alla partita: per il giudice del lavoro tutto regolare. Licenziamento annullato”) che hanno avuto il solo scopo di catturare l’attenzione del lettore e spingerlo a leggere articoli che, nella maggior parte dei casi, non hanno analizzato nel merito il caso e spiegato le motivazioni che hanno indotto il Giudice – a parere di chi scrive correttamente- ad annullare il licenziamento.

IL CASO

Un lavoratore viene licenziato perché durante un periodo di malattia, causato da lombosciatalgia, si è recato allo stadio.

Il lavoratore assunto prima dell’8 marzo 2015 (cioè l’entrata in vigore del dlgs 81/2015) per un’impresa con più di 15 dipendenti impugna in base al cd rito Fornero che – brevissima spiegazione per “i non addetti ai lavori”- è composto di due fasi, una a cognizione sommaria che termina con ordinanza ed una seconda, eventuale se viene opposta l’ordinanza, a cognizione piena e che si conclude con sentenza.

Dalla lettura del testo della sentenza in commento si evince che già nella fase sommaria il Giudice avesse dato ragione al lavoratore disponendo la reintegrazione ed un’indennità pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Avverso l’ordinanza parte datoriale presenta opposizione.

Deduceva che aveva appreso che il proprio dipendente che svolgeva l’attività di affilatore aveva postato sulla propria pagina facebook alcuni post che lo ritraevano presso lo stadio Artemio Franchi di Firenze in data 21 maggio 2022 ad assistere alla partita Fiorentina Juventus mentre si trovava in malattia per via di una lombosciatalgia.

Sosteneva che il lavoratore avesse acquistato il biglietto per la partita il 13 maggio 2022 pur già sapendo, in base ai turni di lavoro precedentemente assegnati, che il 21 maggio 2022 avrebbe dovuto lavorare.

Parte datoriale eccepiva altresì che, durante il procedimento disciplinare, il lavoratore avesse negato di essersi recato allo stadio. Formulava, inoltre, istanza istruttoria affinché fossero sentiti dei testimoni che avrebbero confermato che il ricorrente aveva guidato sino allo stadio di Firenze e camminato, sia all’entrata allo stadio che all’uscita da questo, senza mostrare difficoltà.

Sulla base di questi elementi probatori riteneva il proprio licenziamento legittimo.

Dalla lettura delle motivazioni della sentenza, emerge che nessuna prova era stata fornita volta ad accertare la falsità del certificato medico e che non vi era alcun verbale del procedimento disciplinare che attestasse il fatto che il lavoratore avesse negato di essersi recato allo stadio. Il lavoratore, tra l’altro, nel corso del processo aveva confermato di essersi recato a vedere la partita.

Neppure, rileva il Giudice, parte datoriale aveva richiesto l’intervento degli organi ispettivi dell’Inps, l’ente preposto a verificare la veridicità dello stato di malattia mediante visite presso il domicilio del lavoratore.

Al di là del valore probatorio della data di acquisto del biglietto enfatizzata da parte datoriale, risultava documentalmente provato che inizialmente la partita tra Fiorentina e Juventus fosse programmata di domenica, quando il lavoratore non avrebbe dovuto lavorare.

Dunque non sussisteva alcuna premeditazione come invece adombrava parte datoriale. Inoltre la partita si era svolta in un orario compatibile con il fatto che il lavoratore fosse rimasto nel proprio domicilio nelle fasce orarie di controllo per l’eventuale visita del medico dell’Inps.

Dalla lettura della sentenza emerge che il Giudice si sia concentrato su ulteriori altri due elementi dirimenti per valutare la legittimità del licenziamento:

1) il dipendente ha tenuto una condotta, anche al di fuori del contesto lavorativo e dell’orario di lavoro, talmente grave da ledere irreparabilmente il rapporto di fiducia?

2) Il lavoratore ha posto in essere una condotta in grado di aggravare la propria malattia e, quindi, procrastinare il rientro a lavoro?

Ad entrambe le domande il Giudice fornisce una risposta negativa. Innanzitutto la lombosciatalgia non implica dover stare fermi, immobili, ma evitare alla schiena sollecitazioni a carichi ai quali invece un affilatore è continuamente sottoposto nell’esecuzione delle mansioni alle quali è adibito. Sulla base di quest’anaili ritiene il certificato medico veritiere anche in considerazione del fatto che parte datoriale non ha nemmeno fornito prove volte direttamente a contestarne la genuinità.

Guardare una partita, osserva correttamente il Giudice, implica stare seduti per circa due ore senza sforzi fisici, mentre sono ben diversi gli stimoli ed i carichi ai quali è sottosta la schiena nell’esercizio dell’affilatura per ben 8 ore consecutive.

Il lavoratore andando allo stadio non ha aggravato la propria condizione di malattia e la riprova è stata che, al termine del periodo indicato nel certificato, è regolarmente rientrato al lavoro.

Sulla base di queste due motivazioni e sul fatto che il datore di lavoro non abbia fornito prove documentali o per testi attestanti l’incompatibilità dello stato morboso comunicato con il recarsi allo stadio, il Giudice conferma la nullità del licenziamento e la reintegrazione del lavoratore come già stabilito nella precedente ordinanza.

OSSERVAZIONI

La sentenza in commento non fa altro che riprendere un filone ormai consolidatosi in giurisprudenza in merito ai requisiti di legittimità del licenziamento per attività extralavorative svolte dal lavoratore durante il periodo di malattia.

Il principio è che la malattia non comporta l’impossibilità di compiere qualsiasi attività, ma solo quelle incompatibili con il proprio stato morboso. Inoltre le attività svolte non devono pregiudicare o ritardare la guarigione (in merito all’illegittimità del licenziamento del lavoratore colto a svolgere attività durante il periodo di assenza per malattia in presenza delle due descritte condizioni si veda Cass. 19/12/2000 n. 15916, Cass. 15/1/2016 n. 586, Cass. 27/4/2017 n. 10416, Cass. 19/10/2018 n. 26496).

Sulla base di tali presupposti ad esempio la recente sentenza della Cassazione civile sez. lav n. 9647 del 13 aprile 2021 aveva sancito l’illegittimità del licenziamento del lavoratore visto svolgere attività sportive durante il periodo in cui era assente da lavoro per una diagnosticata depressione.

In conclusione il datore di lavoro prima d’intimare un licenziamento disciplinare a carico del lavoratore perché visto svolgere attività durante la malattia dovrà tenere in considerazioni i seguenti punti:

A) se l’attività è astrattamente compatibile con il tipo di patologia dichiarata. Ad esempio uno stenotipista assente per la rottura di un braccio, non potrà essere trovato in una palestra a tirare di boxe, ma potrà legittimamente, nelle fasce orarie in cui non deve essere in casa per eventuali controlli, andare al cinema.

B) se l’attività rischia di aggravare la patologia in essere e procrastinare il rientro da lavoro. Ad es un camionista assente per epicondilite (il cd gomito del tennista) non dovrà certamente giocare a tennis;

Dall’altra parte il lavoratore dovrà dimostrare l’occasionalità dell’attività e che come già puntualizzato non è in grado di cagionare un ritardo nel rientro a lavoro.

Per ulteriori informazioni sul tema rivolgersi all’Avv. Francesco Meiffret (info@studiolegalemeiffret.it, studiolegalemeiffret@gmail.com, cell 3398177244, tel 0184532708) 

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