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Trib. di Roma sent. n. 550 del 15.05.2019 contrordine: anche ai lavoratori assunti successivamente all’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti si applica la tutela reintegratoria qualora il contratto collettivo applicato preveda una sanzione conservativa per la condotta a giustificazione del licenziamento disciplinare

Trib. di Roma sent. n. 550 del 15.05.2019 contrordine: anche ai lavoratori assunti successivamente all’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti si applica la tutela reintegratoria qualora il contratto collettivo applicato preveda una sanzione conservativa per la condotta a giustificazione del licenziamento disciplinare

Trib Roma 15 luglio 2019

Ove il fatto contestato sia punito dalla contrattazione collettiva con una misura conservativa, l’intimato licenziamento disciplinare risulta illegittimo in quanto fondato su un fatto che è inidoneo a sorreggere una sanzione espulsiva con la conseguente applicazione della tutela reintegratoria attenuata in base all’art. 3 comma 2 del D.lgs 23 del 2015. Questa valutazione si accorda al canone generale dell’art. 1455 c.c. che prescrive che il contratto non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte contraente”.

Con questa interessante sentenza il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma riconosce la tutela reintegratoria ad un dipendente sottoposto alla disciplina del contratto a tutele crescenti poichè il contratto collettivo applicato prevedeva una sanzione conservativa del posto di lavoro per la condotta a lui contestata che consisteva nell’aver abbandonato anticipatamente il luogo di lavoro rispetto all’orario stabilito.

Secondo il Giudice la tutela reintegratoria è giustificata in base all’art. 1455 c.c. che prescrive che il contratto non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza rispetto agli interessi della controparte. Ed in questo caso la scarsa rilevanza, a livello disciplinare, è stata a priori stabilita dalla contrattazione collettiva, motivo per cui non si tratta di una valutazione discrezionale sulla proporzionalità tra condotta e sanzione effettuata dal giudicante e che è vietata per quanto riguarda l’applicazione della tutela reintegratoria.

E’ la stessa contrattazione collettiva applicata al contratto individuale a stabilire l’irrilevanza giuridica della condotta ai fine del licenziamento.

Pare opportuno rammentare che l’art 2119 c.c. definisce la giusta causa come quei comportamenti o inadempimenti del lavoratore di tale gravità da far venir meno la fiducia posta alla base del rapporto, non consentendo la prosecuzione, neppure in via provvisoria, dello stesso, senza il rispetto del preavviso contrattualmente dovuto. Così come l’art. 1455 c.c., definita dal Giudice della sentenza in commento norma a carattere imperativo, prevede che la risoluzione unilaterale possa verificarsi solo in presenza di una inadempienza grave dell’altro contraente.

Partendo dalle coordinate normative richiamate nel precedente capoverso e dal concetto di insussistenza del fatto giuridico e non materiale alla base della reintegrazione anche nel contratto a tutele crescenti (Cass. Civ. Sez. lav., sent. 8 maggio 2019 n. 12174) si può giungere alla conclusione che nel caso di licenziamento intimato per una condotta per la quale la contrattazione collettiva prevede una sanzione disciplinare di tipo conservativo, al lavoratore deve essere concessa la reintegrazione.

La singola condotta della cessazione anticipata dal turno di lavoro non ha rilevanza ai fini del licenziamento perché in relazione a questa tipologia di sanzione il comportamento del lavoratore è privo d’importanza.

Non si tratta, lo si ripete, di alcuna valutazione discrezionale del Giudice in merito alla proporzione tra condotta e sanzione che è esclusa dal Legislatore per quanto riguarda la tutela reintegratoria, bensì un’esclusione della rilevanza della condotta sul piano giuridico in relazione all’ipotesi licenziamento. Il fatto dell’anticipata chiusura del servizio igienico deve essere considerato come tamquam non esset in un giudizio in merito alla legittimità del licenziamento.

Mutuando dal diritto penale si può sostenere che la condotta non supera la soglia di punibilità per la quale è possibile l’intimazione di un licenziamento.

L’eccezione in merito al fatto che la mancata trasposizione dell’ipotesi di reintegra prevista nell’art. 18 nel Dlgs 23/2015 significhi implicitamente che l’intenzione del Legislatore è di escludere in tale ipotesi la tutela reintegratoria può essere facilmente superata sulla base dell’art. 12 della legge 604/1966 che sancisce che la contrattazione collettiva può migliorare la disciplina a tutela dei licenziamenti, sia in base al principio generale che la contrattazione collettiva può derogare in melius la legge.

 

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