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Il fondo di garanzia Inps

Il fondo di garanzia Inps

Il Fondo di Garanzia Inps

Il fondo di garanzia costituisce una forma di tutela di ultima istanza per garantire al lavoratore il versamento delle ultime tre mensilità di retribuzione ed il TFR qualora il datore di lavoro risulti inadempiente.
La norma di riferimento è l’art. 2 della l. n. 297 del 29 maggio 1982 che ha istituito il fondo di garanzia limitatamente per il pagamento del TFR. Successivamente l’art. 2 del D.lgs 27 gennaio 1992, n. 80, in attuazione alla direttiva 80/987/CEE in materia di tutela di lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, ha esteso il fondo di garanzia anche alle ultime tre mensilità.

1) La legittimazione attiva

Possono accedere al fondo di Garanzia Inps i lavoratori dipendenti del settore privato, i soci lavoratori delle cooperative ed i dipendenti degli enti pubblici economici.
E’ un diritto trasmissibile agli eredi in base all’art. 2122 c.c., motivo per cui possono accedervi il coniuge, i figli e, se a carico del prestatore di lavoro, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.
Nonostante le interpretazioni contrarie dell’Inps sul punto, la Cassazione ha stabilito che possano accedere al fondo anche soggetti terzi ai quali il credito garantito (quindi ultime tre mensilità e TFR) è stato ceduto.
La Cassazione (si veda sentenza n. 1) Cass. Sez. Lav. 14 dicembre 2010 n. 25257) ha ritenuto che l’espressione “aventi diritto” presente sia nell’art. 2122 c.c. che nell’art. 2 della legge 297/1982 legittima la richiesta di qualunque soggetto al quale tale credito sia stato ceduto.
Sulla base di questa interpretazione estensiva parte della giurisprudenza aveva ritenuto possibile che in tema di appalti anche il committente, che in base all’art. 29 del dlgs 276/2003 aveva versato in luogo del datore il TFR e le ultime tre mensilità, potesse accedere al fondo. Secondo questo orientamento si verificava una surroga ai sensi dell’art. 1203 c.c. n. 3 di guisa che il debitore solidale rientrava nella locuzione “aventi diritto” ( 2 Cass. sez. lav. 1.12.2011 n. 25685).
Di diverso avviso un orientamento più recente che afferma che il committente non abbia alcuna legittimazione ad accedere al fondo poiché il pagamento deriva da un obbligo previsto dalla legge (art. 29 Dlgs 276/2003). Non sussiste alcun rapporto derivativo rispetto alla posizione del lavoratore come accade per il cessionario del credito; il committente, infatti, è un obbligato ex lege che versa quanto dovuto al lavoratore nella posizione di “garante” dell’appaltatore. Non sussiste, inoltre, la mancata soddisfazione del credito del lavoratore (o del suo dante causa) che è la causa principale affinché possa essere attivato il fondo (3 Cass. Sez. lav. 20 maggio 2016 n. 10543)

2) Le condizioni per accedere al fondo di garanzia

Innanzitutto occorre che il lavoratore dimostri l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, la sua cessazione ed il mancato pagamento del TFR e/o delle ultime tre mensilità del rapporto di lavoro.
Tuttavia l’attivazione del fondo di garanzia è condizionato non solo alla mera inadempienza del datore di lavoro, ma anche al verificarsi di una delle seguenti ipotesi:
a) in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria dal 15° giorno successivo al deposito dello stato passivo reso esecutivo ai sensi degli art. 97 e 209 della L.F.
b) nel caso in cui siano state proposte impugnazioni o opposizioni riguardanti il credito del lavoratore, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza che decide su di esse;
c) in caso di concordato preventivo, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza di omologa ovvero alla sentenza che decide su eventuali opposizioni o impugnazioni;
d) in caso di insinuazione tardiva del credito nella procedura fallimentare, dal giorno successivo al decreto di ammissione al passivo o dopo la sentenza che decide sull’eventuale contestazione;
e) nel caso di soggetti non fallibili dal giorno successivo alla data del verbale di pignoramento negativo, ovvero, in caso di pignoramento in tutto o in parte positivo, dal giorno successivo alla data del provvedimento di assegnazione all’interessato del ricavato dell’esecuzione. In relazione all’ottenimento di accesso al fondo l’Inps, nella fase amministrativa, tende a richiedere la prova di vari tentativi di pignoramento negativi volti a dimostrare l’incapienza del datore di lavoro che non può essere dichiarato fallito
Invero parte della giurisprudenza (anche alla luce del fatto che le spese legali per attivare tali procedure non sono coperte dal fondo di garanzia) ha ritenuto che il lavoratore possa accedere al fondo senza dover intentare procedure esecutive qualora dimostri che la procedura esecutiva sarebbe prevedibilmente non sattisfattiva del credito azionato (ad es si pensi ad una società a responsabilità limitata semplificata con capitale sociale di 1 € ed inattiva) stante l’assenza di garanzie patrimoniali del datore di lavoro ( 5) Cass. Cass. civile sez. lav., 29/ luglio 2004 n.14447).

3) La natura del fondo di garanzia

Occorre ora analizzare quale sia la natura dell’obbligazione posta a carico del fondo. Più precisamente se il fondo si sostituisca nell’adempimento della medesima obbligazione posta a carico del debitore oppure se costituisca un’autonoma obbligazione previdenziale assicurativa, motivo per cui la domanda al fondo costituisce un distinto diritto rispetto all’obbligazione a carico del datore di lavoro di corrispondere le retribuzioni ed il TFR al lavoratore.
Inizialmente la giurisprudenza si era assestata sulla natura retributiva e sussidiaria del fondo di garanzia rispetto agli obblighi a carico del datore di lavoro di corrispondere le ultime tre mensilità ed il TFR.
La tesi della natura retributiva dell’intervento del fondo di garanzia era stata accolta dalla Sezioni Unite della Cassazione (6 Cass. s.u. sent. 3 ottobre 2002, n. 14220).
Quest’impostazione si basava su un’analisi letterale dell’art. 2 l n. 297/1982. Esso stabilisce che il Fondo “si sostituisce” al datore di lavoro nel pagamento della somma dovuta (e non che “garantisce” tale pagamento). Sulla base del tenore letterale della norma, le Sezioni Unite avevano ritenuto che il Legislatore avesse costituito un accollo cumulativo ex lege e non una forma assicurativa previdenziale. Il Fondo subentra nella stessa posizione del datore di lavoro ed è tenuto a pagare il medesimo debito (retributivo) di quest’ultimo, comprensivo della somma capitale e, a norma del secondo comma, “dei relativi crediti accessori”.
Sulla base del ragionamento che il fondo subentra nella medesima posizione del datore di lavoro si era, quindi, ritenuto applicabile l’art. 1310 c.c., motivo per cui l’atto interruttivo della prescrizione nei confronti di un obbligato aveva effetti anche sulla sfera giuridica degli altri coobbligati.
Tuttavia a partire dal 2008 la giurisprudenza ha nuovamente iniziato a ritenere l’intervento del fondo una forma di assicurazione previdenziale (cfr. 7 Cass. sez lav. 5 maggio 2008, n. 11009).
Innanzitutto l’intervento del fondo di garanzia non è sottoposto alla medesime condizioni dell’azione nei confronti del datore di lavoro.
Non è sufficiente, infatti, che il datore si renda inadempiente in relazione al versamento delle ultime tre mensilità e del TFR perché il lavoratore possa richiedere il versamento di quanto a lui dovuto al fondo di garanzia, ma è necessario che si verifichi una delle condizioni descritte nel precedente paragrafo.
A ciò aggiungasi che il medesimo art. 2 del D.lgs 80/1902 utilizza più volte il sostantivo “prestazione” che depone per la natura assicurativa previdenziale dell’obbligazione posta a carico del fondo.
Sulla base dell’assenza dei medesimi presupposti per richiedere il pagamento al datore o al fondo e sull’analisi della norma, la giurisprudenza si è attestata nel considerare il fondo una forma di assicurazione previdenziale a vantaggio del lavoratore che si attiva in presenza dei presupposti previsti dalla legge (cfr. 8 Cass. sez. lav., sent. del 3 gennaio 2020 n. 32; Cass. Sez. lav., sent. 21 dicembre 2017, n. 307129).

4) Gli atti interruttivi della prescrizione

Secondo l’orientamento che qualifica il fondo come una forma di assicurazione sociale obbligatoria rispetto all’obbligo del datore di corrispondere al lavoratore quanto dovuto a titolo di retribuzioni e di TFR, è inapplicabile la disciplina dell’art. 1310 c.c., tipica delle obbligazioni solidali. Questa impostazione dogmatica comporta altresì che gli atti interruttivi della prescrizione posti nei confronti del datore di lavoro siano privi di effetto nei confronti del fondo (10 Cass. Civ. Sez. lav., sent. 10 maggio 2016 n. 9495; Cass. civ. Sez. lav., sent. 13 ottobre 2015 nn. 20547 e 20548).
Mentre l’articolo 2 della l. n. 297 del 29 maggio 1982 in relazione al pagamento del TFR nulla disciplina in merito al termine prescrizionale, il successivo art. 2 comma 5 del D.lgs 27 gennaio 1992, n. 80 stabilisce un termine di 12 mesi senza specificare il dies a quo.
L’assenza di indicazioni in merito al termine prescrizionale per richiedere il pagamento del TFR al fondo di garanzia ha fatto presupporre che si dovesse applicare perlomeno quello quinquennale stabilito dall’art. 2948 c.c. comma 5.
Tuttavia la natura prettamente previdenziale della prestazione a carico del Fondo di garanzia ha indotto la nascita di un nuovo orientamento giurisprudenziale secondo il quale il termine per la richiesta di pagamento al fondo di garanzia, per quanto riguarda il versamento del TFR, non sia quello quinquennale, ma quello ordinario decennale per le prestazioni prettamente previdenziali (10 Cass. Civ. sez. lav., sent. 26 maggio 2015 n.10824; Cass. Civ. sez. Iav., sent. 24 febbraio 2006, n. 4183).

5) Il termine iniziale dal quale calcolare la prescrizione annuale per presentare la domanda per ottenere il pagamento delle ultime tre mensilità

Il problema si pone sul termine breve stabilito per poter ottenere il pagamento delle ultime tre mensilità e quali atti possano interrompere la prescrizione.
Allineandosi all’orientamento della natura previdenziale assicurativa della prestazione a carico del fondo di garanzia, la posizione inizialmente assunta dall’Inps era che la prescrizione iniziasse a decorrere dal momento della cessazione del rapporto rendendo difficile la possibilità di chiedere l’intervento del fondo.
In base all’impostazione dell’Inps era necessario, quindi, che il lavoratore, a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro, con intervalli infrannuali per quanto riguarda le ultime tre retribuzioni e infraquinquennali per quanto riguarda il TFR, diffidasse l’ente previdenziale ai fini interruttivi della prescrizione.
Quest’interpretazione che capita ancora oggi d’incontrare nei procedimenti amministrativi (domanda telematica tramite e reclamo online al comitato provinciale) gestiti dall’Inps stesso e obbligatori prima di poter agire in giudizio contro il medesimo ente previdenziale, è stata sconfessata dall’orientamento più recente e prevalente della Cassazione.
Più che correttamente la Suprema Corte ha rilevato che non si può avere la decorrenza della prescrizione prima che il diritto sia venuto ad esistenza e sia esercitabile.
Nel caso di accesso al fondo, il lavoratore può presentare domanda successivamente al perfezionamento dei presupposti stabiliti dalla legge (insolvenza del datore, verifica ed esistenza della misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva). Prima che si siano verificati i presupposti stabiliti dalla legge non può decorrere la prescrizione del diritto di poter accedere al fondo di garanzia per il semplice motivo che tale diritto non è ancora entrato nella sfera giuridica del lavoratore stesso (cfr. ex plurimis 11 Cass. civ. sez. lav., sent. 19 luglio 2018 n. 19277; Cass. civ. sez. lav., sent. 09 giugno 2014, n.12971).

6) La procedura

Una volta in possesso dei requisiti descritti nei precedenti punti il lavoratore può presentare domanda telematica all’Inps tramite patronato, intermediario abilitato o il proprio legale. Giova precisare che il fondo non copre le spese del professionista incaricato al deposito della domanda.
L’Istituto è tenuto a liquidare le prestazioni entro 60 giorni decorrenti dalla data di presentazione della domanda completa di tutti i documenti richiesti il cui elenco lo si trova al seguente link https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=50186 .
Contro il provvedimento di reiezione o di parziale accoglimento della domanda, è ammesso ricorso amministrativo al Comitato provinciale entro 90 giorni decorrenti dalla data di ricezione dello stesso (articolo 46, comma 5, legge 88/89). Il ricorso deve essere presentato utilizzando la procedura Ricorsi Online (RiOL)
Trascorsi inutilmente 90 giorni dalla data di presentazione del ricorso, il lavoratore può proporre azione giudiziaria entro il termine di decadenza di un anno.

 1 Cass 14 10 2010 n. 25257 2 Cass 1 dic 2011, n. 25685 3 Cass 20 052016 n. 10543 4 Cass 17.04.2007 n. 9108 5) Cass 29.07.2004 6 Cass s.u. 3 10 2002 n. 5663 7 Cass. 5 maggio 2008 n. 11009 8 Cass 03 gennaio 2020 n. 32 9 Cass. 10.05.2016 n. 9495 10 Cass 26 maggio 2015 n. 10824 11 Cass 19 luglio 2018 n. 19277

 

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